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Circolo Che Guevara sul Gran Ghetto: “non è un punto d’arrivo ma il punto di partenza”

Lo smantellamento del Gran Ghetto è la prima forte azione di contrasto allo sfruttamento dei braccianti agricoli Che i braccianti siano di origine extra comunitaria o comunitaria poco conta perché le organizzazioni criminali che li controllano hanno solide basi nei ghetti sparsi per tutta la nostra provincia.

Il Gran Ghetto era il ghetto più famoso perché conosciuto in tutto il mondo e diventato simbolo dello sfruttamento senza regole dei lavoratori in agricoltura, ma nel ghetto erano proliferate anche altre attività illegali divenute oggetto di indagini da parte della DDA che ne aveva disposto il sequestro con facoltà d’uso.

Il “sistema ghetto” per la funzione di sostegno all’illegalità diffusa che permea l’economia agricola è il luogo dove proliferano nuove organizzazioni di tipo mafioso che oltre a controllare e fornire forza lavoro a basso costo, organizza anche altre forme di sfruttamento dei lavoratori migranti. Sfruttamento della prostituzione lungo le strade statali, controllo delle postazioni dove chiedere l’elemosina davanti agli esercizi commerciali in città, controllo dei semafori dove stazionano i lavavetri sono le attività più note e visibili da chiunque ma ci sono fondati sospetti che tra le attività meno visibili vi sia anche lo spaccio di droga..

Solo uno stolto può negare l’evidenza rimanendo legato all’idea che nei ghetti si eserciti solamente un “mutuo aiuto” tra poveri sfruttati. Solo uno stolto può non accorgersi dell’evidente collegamento tra le organizzazioni mafiose che controllano i ghetti e le mafie autoctone che, da sempre, taglieggiano agricoltori. Solo uno stolto può non rendersi conto che queste mafie forniscono non solo manodopera a basso costo ma anche manodopera scarsamente sindacalizzabile cui è impedita ogni azione di ribellione allo sfruttamento. Possibile che mai nessuno si sia accorto che durante il periodo invernale ci fossero più mezzi di trasporto che “residenti” nel ghetto? Forse qualcuno pensa che stare nei ghetti sia un segno di benessere collettivo? A chi non vuol vedere è utile ricordare la “strage di Portella delle Ginestre” avvenuta il 1 maggio 1947, di come i mafiosi hanno sempre contrastato la sindacalizzazione dei braccianti agricoli.

Nessuno potrà ridare la vita a Mamadou Konate e Nouhou Doumbia, uccisi da un incendio acceso nel tentativo di impedire lo smantellamento del Gran Ghetto. Di queste morti qualcuno dovrà rispondere e questo qualcuno è chi ha acceso il fuoco nell’inutile tentativo di opporsi al ripristino di una legalità per troppo tempo disattesa.

Questa volta il Gran Ghetto non risorgerà dagli incendi appiccati per tentare di impedirne lo smantellamento, questa volta i boss del Gran Ghetto non potranno ricostruirlo velocemente per riadattarlo alle esigenze dei Caronte del lavoro..

Ora c’è bisogno d’incrementare l’offerta di alloggi temporanei per i lavoratori stagionali, e dalla Regione Puglia sono state individuate le aree dove erigere i “villaggi dell’accoglienza”, come c’è bisogno di stroncare definitivamente l’intermediazione illegale di manodopera attuando un controllo stretto del territorio per impedire il “traffico delle braccia”. Contrastare l’arrivo nelle aziende di forza lavoro sottopagata con perdita del raccolto è un deterrente ancora più forte dei controlli degli ispettori del lavoro.

C’è bisogno di sostenere l’offerta legale di lavoro attivando processi che permettano l’impiego di lavoratori senza infrangere le leggi sostenendo le aziende che si affrancano dal sistema mafioso dei caporali/caponeri.

C’è bisogno di far comprendere alla Grande Distribuzione che il prezzo più basso dei prodotti agricoli non sostiene l’economia se questo prezzo basso vuol dire stipendi da fame. Pochi centesimi in più su ogni scatola di pelati possono aiutare a stroncare le nuove mafie emergenti.

Ce n’est qu’un début continuons le combat era un motto della rivolta del maggio francese contro lo sfruttamento dei lavoratori e per cambiare il mondo, lo smantellamento del Gran Ghetto non è che un inizio, ora bisogna cambiare l’economia agricola.

Redazione

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