Le Guide di Foggia Reporter: Monte Sant’Angelo

Monte Sant’Angelo – Il borgo di San Michele Arcangelo, dove il pane è simbolo sacro e cibo d’eccellenza.
Saliamo sul Gargano e andiamo alla volta di Monte Sant’Angelo, un nome una garanzia.
Non servono grandi spiegazioni per capirne l’etimologia e la sua fama nel mondo in qualità di sito Unesco.
Visitare ogni vicolo ed ogni grotta di Monte Sant’Angelo significa fare un viaggio ascetico: già dal suo spettacolare belvedere si tocca l’azzurro infinito, misto tra cielo e mare.

Camminando per il paese, si percepisce ovunque un’aurea sacralità: dalla Via Sacra Longobardorum e la Via Francigena, questo è un punto che più di ogni altro è davvero l’incontro tra Oriente ed Occidente. Calpestando le antiche pietre del ripido centro storico, balza subito alla mente l’immagine delle calighe consumate dei crociati e dei sandali di santi e papi in cerca di purificazione spirituale.
Dal 490 d.C., anno di fondazione di Monte Sant’Angelo, tutti almeno una volta hanno raggiunto la sacra grotta, luogo di salvezza del toro smarrito e, a seguire, di tutti i fedeli, compresi quelli fermatisi a Santa Maria di Pulsano.
Una volta scesi gli ottanove scalini della gotica chiesa ipogea, si capisce perché è una delle più belle al mondo: marmi di Carrara enfatizzano la “povertà” di una chiesa semplicemente solenne.

Dentro le mura duecentesche del Rione Junno, tutto sa di longobardo: la Tomba di Rotari, la Torre dei Giganti e il Castello (ovviamente anch’esso svevo-angioino-aragonese) aggiungono il profano al sacro, proprio lì dove nell’antico castrum, incursioni barbariche hanno causato devastanti pestilenze come quella del 1656.
Scendendo dalle alture, si capisce qual è il cuore del borgo ormai circondato da palazzi e chiese barocchi.
Sotto il profumo dei panni stesi tra una finestra e l’altra, riecheggia il tintinnio delle Pacchiane di domenica in festa verso Santa Maria Maggiore e il Tempio di Sant’Apollinare in una sfilata di gioielli in dote in attesa di qualche zito da ammogliare.

Monte Sant’Angelo è un paese scenografico dove le case basse e i vicoletti altissimi sono la quinta scenica di infinite e meravigliose scoperte che, oltre al cuore e alla mente, conquistano anche le papille di buon intenditori.
Entrando nel primo forno di Rione Carmine, ci s’imbatte nella fragranza fumante della pagnotta di Monte, rigorosamente cotto a legna per due ore!
Una cucina di qualità che primeggia per la materia prima, come le ostie ripiene o le carni e il caciocavallo della mucca podolica dalle proprietà organolettiche, e per l’originalità delle antiche ed intramontabili ricette, come quella delle ostie ripiene, da cui traspare la saggezza del sapere monastico.
Fonte: Tranasi, M., “Monte Sant’Angelo negli ultimi due secoli”, BastogiLibri, 2013.
Carletti. C., Otranto, G., “Il Santuario di S. Michele sul Gargano dal VI al IX secolo: contributo alla storia della Langobardia meridionale : atti del Convegno tenuto a Monte Sant’Angelo il 9-10 dicembre 1978”, Edipuglia, 1980.