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Dalla peste al Coronavirus, San Michele Arcangelo e le epidemie

Il legame dell’Arcangelo Michele, capo delle Schiere Celesti, con la liberazione dalle epidemie è molto saldo e affonda le sue radici nel lontano 590 quando la città di Roma venne colpita dalla peste.

Nel mese di novembre del 589 il fiume Tevere straripando aveva inondato le campagne della città trascinando con sé carcasse di animali morti e di cadaveri che appestarono l’aria e diffusero rapidamente il contagio.

Quella tremenda epidemia stava mietendo moltissime vittime nella Capitale. Il papa di allora, Gregorio Magno, subentrato a papa Gelasio che morì il 5 febbraio del 590 proprio a causa dell’epidemia, si rivolse a Dio esortando il popolo di Roma a fare lo stesso.

Gregorio Magno invitò tutti i romani a convertirsi e ad abbandonare la via del peccato e dei vizi, causa secondo molti della terribile sciagura.

Il papa decise di organizzare unalitania settiforme, ovvero una processione divisa in sette cortei alla quale partecipò tutta la popolazione romana che in preghiera portò in processione, per le strade della città, l’icona bizantina della Vergine Maria conservata in Santa Maria Maggiore.

Durante la processione, man mano che l’icona avanza per le strade di Roma, l’aria sembrò purificarsi, diventando sempre più leggera non appena la processione si avvicinava a San Pietro.

Arrivati al ponte che ancora oggi unisce la città di Roma al Mausoleo di Adriano, conosciuto ora come Castel Sant’Angelo, si sentì all’improvviso un coro di angeli che cantavano: “Regina Coeli, laetare, Alleluja – Quia quem meruisti portare Alleluia – Resurrexit sicut dixit Alleluja!” ed il papa rispose :”Ora pro nobis Deo, Alleluja!”.

Gregorio di Tours, nell’Historiae Francorum (liber X, 1) racconta così ciò che avvenna dopo il soave canto degli angeli. Dopo il canto, gli angeli si disposero in cerchio intorno all’icona della Madonna e il papa vide sulla sommità del castello l’Arcangelo San Michele.

L’arcangelo, dopo aver asciugato la spada che grondava sangue, la depose nel suo fodero. Gesto che faceva comprendere al papa che il pericolo era ormai cessato, la peste era stata sconfitta definitivamente.

Con il tempo, dopo il miracoloso evento, il castello romano mutò il suo nome in Castel Sant’Angelo. Il papa decise, inoltre, di cambiare il nome del ponte in Ponte Sant’Angelo e ordinò che fosse eretta una statua raffigurante San Michele, l’Arcangelo che aveva liberato Roma dalla peste.

Nella nostra terra, il culto di San Michele Arcangelo è molto forte. Il culto di San Michele accomuna, infatti, diversi centri in provincia di Foggia e lega soprattutto Monte Sant’Angelo, Cagnano Varano ed Orsara.

La tradizione vuole che in due grotte garganiche l’arcangelo guerriero abbia fatto la sua apparizione: nella grotta di Monte Sant’Angelo e in quella di Cagnano Varano, luoghi molto suggestivi che meritano di essere visitati.

In queste due grotte successivamente furono costruiti due santuari, luoghi di culto che ogni anno ospitano tantissimi turisti e pellegrini giunti da ogni parte del mondo per pregare San Michele Arcangelo, l’arcangelo simbolo della lotta del bene contro il male.

Anche sui Monti Dauni vi sono tracce del culto dell’Arcandelo, più precisamente ad Orsara. L’antica e suggestiva grotta di San Michele, ad Orsara, è risalente al 1100 e costituisce il nucleo originale dell’intero complesso abitativo del paese.

In questi giorni così drammatici per l’Italia sono tante le persone che nelle loro preghiere invocano l’Arcangelo guerriero. Negli scorsi giorni è diventato virale un post condiviso dalla Polizia di Stato che ritrae un agento in preghiera nel Santuario di Monte Sant’Angelo.

In questo momento così difficile per tutti la Polizia affida l’Italia al suo patrono e protettore, San Michele Arcangelo.

Fonti: vaticannews.va – interris.it

Redazione

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