Pestaggi nel carcere di Foggia: rinvio a giudizio per 10 agenti della Polizia Penitenziaria, tre medici e una psicologa

FOGGIA – Un detenuto, invalido al 100% e affetto da gravi disturbi psichiatrici, picchiato con violenza e crudeltà all’interno della sua cella perché considerato «problematico» . Stessa sorte toccata a un altro che era intervenuto per difenderlo. È quanto sarebbe avvenuto all’interno del carcere di Foggia l’11 agosto del 2023. Per quella vicenda la procura di Foggia ha chiesto il rinvio a giudizio per 14 persone: 10 agenti della polizia penitenziaria, tre medici e una psicologa.
Il 15 settembre prossimo si svolgerà l’udienza preliminare davanti al gup del tribunale di Foggia. Secondo quanto emerso dalle indagini, uno dei due detenuti era considerato da tempo come «problematico». Due mesi prima dell’aggressione, aveva minacciato una ispettrice della polizia penitenziaria – anche lei coinvolta nell’inchiesta – brandendo contro di lei uno sgabello e graffiandola con le unghie sulla fronte. Il carattere particolare del detenuto – originario di Bitonto e affetto da patologie psichiatriche sfociate in atti autolesivi – aveva portato il personale della polizia penitenziaria a chiedere più volte il suo trasferimento in un altro istituto.
Il gip nell’ordinanza aveva evidenziato che si era trattato di «una lezione», sia per dare sfogo alla rabbia repressa da tempo che per far capire ai due detenuti che non era il caso di continuare con simili condotte. Secondo quanto ricostruito dal gip, l’11 agosto del 2023 gli agenti della polizia penitenziaria sarebbero entrati nella cella del detenuto «problematico», iniziando a picchiarlo. Gli indagati – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – avrebbero agito «utilizzando il loro numero soverchiante per impedire qualsiasi possibile reazione difensiva». Gli indagati che avrebbero agito «con violenze gravi e con crudeltà», provocando alla vittima lesioni al capo, a un occhio e al torace, acute sofferenze fisiche e un verificabile trauma psichico.
Nel corso delle indagini sarebbe stata documentata la predisposizione e la sottoscrizione di atti falsi finalizzati a nascondere le violenze e a impedire che venissero emesse a carico dei due detenuti le diagnosi delle lesioni riportate. Sarebbero state, inoltre, accertate minacce e promesse di ritorsioni attraverso le quali due indagati avrebbero costretto le vittime a sottoscriverefalsi verbali di dichiarazioni, in cui fornivano una versione dei fatti smentita, in realtà, dalle indagini.
Il detenuto bitontino sarebbe stato costretto a firmare un documento in cui ammetteva di aver dato in escandescenze e negava di essere stato picchiato. All’altro detenuto di Taranto, invece, fu fatto firmare un documento che lo dipingeva come testimone di comportamenti violenti del compagno di cella, con il quale si sarebbe sentito minacciato. (fonte Luca Pernice sul Corriere del Mezzogiorno)