Attualità

Ué nu Guaglion!

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Piedi nudi d’estate e d’inverno, a somiglianza dei pescatori, con la spasella (capace cesto rettangolare fatto con sottili assicelle di legno, avente ai due lati due manici) sotto il braccio, dalle prime luci del giorno fino a mezzogiorno braccavano dalla piazzetta del lago in via Duomo, dall’angolo di Zompavellicolo al negozio di Capobianchi.

Il grido condensato di questi giovani popolani, cui spesso faceva eco il pernacchio dello scugnizzo era – Uè guaglion! Che significava, chi cerca un ragazzo, che appena chiamato si metteva a disposizione del cittadino, che girava di bottega in bottega per la quotidiana spesa familiare, accompagnandolo fino a casa per il compenso di un soldo.

Dai padroni di ristoranti e osterie; dagli incaricati delle comunità, i quali perdevano più tempo e percepivano il doppio della tariffa.

I guaglioni avevano i loro “clienti abituali”, che ogni mattina attendevano al varco, a evitare di essere scalzati da qualche altro più svelto e scaltro collega; vi erano poi i clienti saltuari alla caccia dei quali s’ingaggiava una vera gara di vigilanza e di astuzia.

I guaglioni durante le poche ore di lavoro della mattinata potevano guadagnare una decina di soldi, sufficienti alla famiglia per una minestra di fagioli e un tozzo di pane.

Fino a quando vi furono i guaglioni , le donne che si recavano  al mercato per fare la spesa, erano pochissime, dato che di tali mansioni s’interessavano i mariti ; a meno che non fossero domestiche presenti in tutte le famiglie del ceto medio dalle quali percepivano il salario mensile di sei o sette lire oltre il vitto, oppure 12 o 15 lire senza desinare.

A seguito dello sconvolgimento economico della prima guerra mondiale, i guaglioni andarono diminuendo fino alla loro scomparsa.

Con loro scomparve pure un altro figlio della strada:, il cerinaio caratteristica figura di monelli, furbi,  svelti e scanzonati, all’occorrenza mariuoli.

I portoni che in quel tempo non si chiudevano durante la notte e la controra, erano l’albergo del ” cerinaio”.

A cura di Ettore Braglia

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