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Teatro “Umberto Giordano”: il cuore pulsante della cultura foggiana

Foggia – Qualcuno l’ha definito il cuore pulsante della cultura a Foggia. Certamente, da quando ha ripreso a palpitare, l’eco del suo battito è diventato una dolce melodia. Di chi si tratta? Del Teatro “Umberto Giordano”. Tempio dell’arte foggiana, snodo fondamentale di tutte le principali iniziative culturali della citta e della Provincia di Foggia. Ma come ha inizio la sua storia?

Nel Medioevo, quando regnava Federico II, nel suo palatium venivano invitati musicanti, acrobati e cantanti per intrattenere la corte federiciana. Dal medioevo al 1700 la città vide il susseguirsi di diverse dinastie, che la resero un centro economico cruciale. Nel 1818 venne deliberata la costruzione del nuovo teatro.

Il lavoro di progettazione fu affidato a Giuliano De Fazio e Giuseppe Panico. Nel 1825 venne posta la prima pietra. A capo dei lavori ci fu l’Ing. Luigi Oberty. Dopo tre anni, il 10 maggio del 1828 venne inaugurato il “Real Teatro Ferdinando” con il melodramma “La sposa fedele” di Giovanni Pacini. Diversi anni dopo l’apertura, furono effettuati alcuni lavori di decoro. Con l’Unità d’Italia, nel 1860, i fregi borbonici vennero sostituiti con quelli di Casa Savoia e il teatro venne rinominato “Teatro Dauno”. 

In occasione del centenario della sua apertura, nel 1928, il Teatro Dauno prese il nome dal compositore foggiano “Umberto Giordano”. Durante i bombardamenti del 1944, il teatro subì gravi danni. Venne ripristinato e, a partire dal 1960, ritornò ad essere operativo.

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Crediti Foto: Iole Albrizio

Il suo palco venne calcato da grandi artisti del calibro di Anna Magnani, Nino Taranto, Salvo Randone, Walter Chiari, Paolo Panelli, Gino Bramieri, Salvatore Accardo, la compagnia teatrale della famiglia De Filippo e la celebre Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Nel 2006 venne chiuso per motivi strutturali. Dopo otto anni, il 10 dicembre del 2014, è stato riaperto con il concerto dell’Orchestra Giovanile Cherubini diretto dal maestro Riccardo Muti.

La struttura che possiamo ammirare oggi è diversa da quella del 1828. La facciata era dotata di un porticato in stile neoclassico sorretto da pilastri e da sei colonne doriche, tre finestroni che si affacciavano sulla piazza e un timpano dove venne collocato al centro lo stemma cittadino creato dallo stesso Oberty.

All’interno, il teatro era costituito da una platea con 220 posti e quattro ordini. La volta non era affrescata, ma presentava un grande lampadario.

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Crediti Foto: Iole Albrizio

Oggi, invece, la facciata presenta tre fornici che sono di accesso all’atrio del teatro. Sulle fornici ci sono tre balconi con ampie finestre che si affacciano sulla piazza sottostante. Al vertice troviamo un timpano con al centro lo stemma della città.

All’ingresso troviamo un grande foyer in stile neoclassico, è decorato da affreschi raffiguranti personaggi mitologici. Ai lati del foyer abbiamo le scale che portano ai palchi e alla Sala Fedora. Il sipario presenta lo stemma del teatro.

Dunque, la sua storia e il suo presente sono garanzia di un futuro radioso che da speranza ad una città che vuole riscattarsi proprio a partire dalla cultura.

Valerio Palmieri

Giornalista praticante, laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Foggia. Laureato in Filologia moderna con 110 e lode. Da sempre sono appassionato di scrittura e, dopo varie collaborazioni, da gennaio 2017 sono redattore di Foggia Reporter. Mi occupo principalmente di politica, eventi religiosi e interviste. Sono convinto che la comunicazione digitale sia lo strumento più efficace per attuare quella rivoluzione culturale che tanto bene può fare al nostro territorio locale e nazionale.

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