Scioglimento del Comune di Foggia: Landella ricorre al Consiglio di Stato
L'ex sindaco rivendica con orgoglio il suo operato e prosegue la battaglia giudiziaria
FOGGIA – Franco Landella non ci sta, e continua a ritenere illeggittimo lo scioglimento del Comune di Foggia. La reazione dell’ex sindaco alla sentenza del Tar Lazio – che ha respinto il suo ricorso dichiarando legittimo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose – è netta. Lamdelal non si arrende, e annuncia un ricorso al Consiglio di Stato.
In una lunga nota l’avvocato Saverio Sticchi Damiani, difensore di Landella, in merito alla sentenza del TAR con la quale viene confermato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Foggia, evidenzia come “non possa riscontrarsi dalle risultanze istruttorie fondanti la motivazione dei provvedimenti impugnati, una partecipazione attiva dell’amministrazione nelle associazioni criminali richiamate. Al più potrebbe trattarsi di un omesso controllo, peraltro non decisivo, in ogni caso inidoneo a giustificare il provvedimento di scioglimento”. Non può condividersi, pertanto, la ricostruzione fornita dal Tar che, nel respingere il ricorso proposto dal dott. Landella, riprende la motivazione frammentaria e incompleta della Prefettura di Foggia, dalla cui relazione si fotografa chiaramente la presenza di meri episodi non qualificabili alla stregua di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata “.
“Il ricorso al TAR contro lo scioglimento per infiltrazioni del Comune di Foggia- dichiara Landella – è stato da me presentato come libero cittadino, nella profonda convinzione che esistessero i presupposti per essere accolto ma con la consapevolezza, considerando le innumerevoli pronunce precedenti, che la strada per ottenere Giustizia sarebbe stata ben più lunga. Avverso questa sentenza è mia intenzione, anche alla luce dei recenti orientamenti della Corte, proporre ricorso in Consiglio di Stato, continuando a credere e ad essere convinto che sebbene il percorso per la ricerca della verità sia stretto e tortuoso, vale sempre la pena percorrerlo.
D’altro canto resta la profonda e condivisa, ormai da tanti, convinzione, circa l’abnormità del provvedimento con la concreta speranza che le parole del Ministro Piantedosi e dell’On. Mauro Dattis, vice presidente della commissione antimafia, possano tradurre in fatti l’annuncio di una necessaria e non più procrastinabile riforma della normativa che mette in ginocchio intere comunità, sciogliendo le Amministrazioni comunali, in base a un principio inaccettabile del “più probabile che non”.
Tutti i Comuni d’Italia e soprattutto quelli del Sud, infatti, possono essere sciolti, semplicemente ipotizzando in maniera generica le probabilità d’infiltrazione, con un provvedimento, definito “preventivo”, da parte dei prefetti e del Ministero dell’Interno.
Un provvedimento di cui sono evidenti, soprattutto, le conseguenze devastanti per un’intera comunità e per gli amministratori e le loro famiglie che, con tale misura, vengono stigmatizzati come “mafiosi” senza che, in molti casi come nel mio, non siano stati dimostrati collegamenti, né diretti né indiretti, con qualsiasi organizzazione criminale.
La sentenza del TAR nei miei confronti rileva esclusivamente, come si legge, una “completa inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune”.
Oggi, con orgoglio, rivendico che ove mai fosse vero che io sia stato “inadeguato” nel vigilare e verificare la burocrazia e i gestori di pubblici dei servizi del Comune, però sono stato adeguato, atti alla mano, a risanare i conti delle due ex municipalizzate Ataf e Amgas le quali all’indomani del mio insediamento, versavano in uno stato economico fallimentare.
Con orgoglio rivendico di essere riuscito, considerando la disastrosa situazione economica del Comune di Foggia ereditata dalle precedenti amministrazioni, pari a 87milioni di euro di DEBITI, ad aver lasciato nelle casse comunali, dopo 7 anni della mia amministrazione, un ATTIVO di circa 80 milioni di euro.
Mentre ero “inadeguato” a controllare la burocrazia dell’ente, programmavo e realizzavo opere pubbliche di cui oggi, qualcuno con scarso successo, tenta d’intestarsi.
Con orgoglio rivendico durante i miei 7 anni di amministrazione, di non aver mai aumentato la Tari, le tariffe dei parcheggi o qualsiasi imposta diretta o indiretta a differenza di altri e di non aver abusato di lavori di somma urgenza che nel passato hanno lasciato invece, in maniera spregiudicata ed illegittima, una debitoria considerevole.
Per “OMESSA VIGILANZA”, con altra sentenza, sono stato dichiarato incandidabile e mi domando: “come può un Sindaco, impegnato a garantire alla sua collettività l’esistenza di servizi fondamentali, a lavorare cercando di realizzare concreti progetti di sviluppo, a rispettare i saldi di bilancio, sapere se un funzionario o un dirigente non ha chiesto il certificato antimafia? Come può vigilare un Sindaco, se il compagno di un Consigliere, esterna in maniera confidenziale, il suo disappunto sull’azione dell’amministrazione ad implementare il Servizio di video sorveglianza? Come fa un Sindaco a sapere se un Consigliere eletto dal popolo ha parentele scomode e a verificare che quest’ultimo possa subire pressioni da organizzazioni criminali? E, soprattutto, perché deve pagare un’intera comunità e non i singoli dipendenti o i singoli amministratori che potrebbero avere dei collegamenti con le organizzazioni criminali? Potrei sollevare numerosi quesiti a tal proposito e potrei dimostrare all’infinito, con fatti e atti, che non vi è stata alcuna influenza sulla mia attività comunale da parte delle organizzazioni criminali. Infatti non vi è stata nei 7 anni nessuna indagine o rinvii a giudizio da parte della magistratura che ipotizzi collegamenti con la mafia, come di recente è successo a Bari o come è successo anche a Foggia ma prima della mia gestione (il riferimento è a quanto successo all’ex Amica come riportato nella sentenza dall’Autorità Giudiziaria). Inoltre nel periodo di bonifica da parte dei Commissari, non è stato revocato nessun atto della mia gestione in autotutela.
Spero che coloro che hanno tifato per lo scioglimento e hanno sollecitato e utilizzato i vari livelli istituzionali per raggiungere questo obbiettivo, alimentando il pregiudizio ed il sospetto di una possibile infiltrazione, possano rivedere la propria coscienza per il male che hanno fatto alla città di Foggia.
Io continuerò la mia battaglia nelle aule competenti, nel massimo rispetto delle Istituzioni e nella ferma convinzione che il tempo sarà galantuomo e la giustizia farà il suo corso”.