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Mosaichaos, il disagio si trasforma in arte: a Troia un mosaico realizzato da 300 persone

Troia – Realizzato da un laboratorio antropologico di 300 persone, non mosaicisti di professione, provenienti da tutto il territorio nazionale e ispirantesi liberamente a propri vissuti interiori per riempire il baobab senza un disegno prestabilito, il Mosaichaos verrà inaugurato e illustrato venerdì 19 novembre ore 10:00 presso la Fondazione Nuova Specie di Troia.

La peculiarità del Mosaichaos è la sua natura evolutiva, che prevede nell’esecuzione la presenza di linee guida che al contempo lasciano spazio a ciò che ordinariamente affiora dall’incontro tra i partecipanti, la tecnica esecutiva e i materiali utilizzati; tutte caratteristiche specifiche di questo progetto sperimentale di arte contemporanea.

Il mosaico pavimentale Mosaichaos è un capolavoro degli “scarti”. “Scarti”, innanzitutto, riferito al materiale usato per comporre concretamente le figure e la trama. “Scarti”, inoltre, riferito alle tante persone che vi hanno lavorato.

Il collettivo di 300 persone provenienti da tutto il territorio nazionale ed internazionale è stato estremamente eterogeneo, per età e formazione professionale. Si è costituito gradualmente nel tempo, partendo da un primo periodo di formazione intensiva, in cui sono state insegnate le competenza di base della tecnica musiva ad un primo nucleo di partecipanti che, maturando nelle proprie conoscenze, ha  poi innescato una “reazione a catena” che si è propagata formando le persone che nei tre anni di esecuzione hanno preso parte al progetto.

L’unico “professionista” è stato Dario, maestro mosaicista formatosi presso la “Scuola per il Restauro del Mosaico” della Soprintendenza di Ravenna. Il resto delle “maestranze”, che hanno contribuito alla realizzazione del mosaico pavimentale, è stato rappresentato da persone comuni, senza esperienza specifica, “de-professionalizzate“, provenienti da quasi tutte le regioni italiane e che capitavano al Villaggio Quadrimensionale o per un disagio personale o perché familiare di un disagiato o perché volontario, curioso della sperimentazione in atto e desideroso di cimentarsi con la propria artisticità.

Il risultato finale è davvero straordinario e unico, proprio come per un puzzle di cui nessuno ha il disegno e il cui effetto compositivo e interpretativo è stato visibile solo a posteriori, successivamente alla espressione creativa random delle singole “maestranze de-professionalizzate”.

Redazione

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