La vita del fuori sede foggiano, tra nostalgia e speranza
Le festività volgono al termine, le stazioni ferroviarie e gli aeroporti accolgono nuovamente un frenetico via-vai di studenti e lavoratori che fanno ritorno presso le rispettive sedi univeristarie e lavorative, pronti a riprendere la routine.
Per i foggiani fuori sede, infatti, tornare a casa significa ritrovare l’affetto della famiglia, il calore del sole che bacia la nostra terra, il profondo azzurro del cielo, gli odori delle pietanze che impregnano ogni angolo delle nostre abitazioni.
Persone diverse, accomunate da un’unica scelta, quella di aver lasciato la terra natale per motivi di svariata natura, spesso collegati alla scarsità occupazionale e a un tessuto socio-culturale poco ricettivo. I dati Istat confermano l’impoverimento di un Meridione “arretrato” in termini di lavoro, speranza di vita e istruzione. L’emigrazione non rigurda soltanto gli studenti, ma anche i lavoratori in cerca di un’indipendenza economica e di una qualità di vita soddisfacente.
Siamo quindi costretti a macinare chilometri per metterci in gioco e per poi tornare arricchiti e ricchi di storie da raccontare. Forgiamo le nostre radici in posti che conserviamo gelosamente dentro di noi, ma evadiamo per necessità affinché queste ultime godano di linfa nuova altrove. Lasciamo terreni fertili per imbatterci in terreni incolti e in sentieri inesplorati, abbandoniamo incrollabili certezze per lasciare spazio a inconbenti dubbi e precarietà, che tuttavia si risolvono in nuove opportunità,di crescita e non solo.