Agricoltura

“Così è cambiata l’agricoltura in Capitanata”: l’analisi di Giuseppe Lembo di San Paolo di Civitate

Lo sfogo del titolare di un’azienda agricola: si può ritornare ad un’agricoltura più “umana”?

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In un mondo che va sempre più veloce e cambia rapidamente, anche il modo di fare agricoltura è coinvolto da una profonda trasformazione. Un agricoltore di San Paolo di Civitate, Giuseppe Lembo, titolare dell’omonima azienda agricola, ha fatto una disamina accurata e veritiera della realtà agricola di Capitanata (e del Sud Italia in generale).

Ecco cosa ha riportato sui social: le sue parole stimolano una riflessione sull’argomento.

“Si dice che i nostri nonni lavoravano dall’alba al tramonto, vero, ma molti anziani mi hanno detto la verità, mi hanno detto che non si scannavano certamente di fatica.

A quei tempi si lavorava tante ore ma si produceva “apparentemente” meno, (mantenere in mente il virgolettato, poi ci arriviamo) ogni persona raccoglieva al massimo 12 quintali di uva fino a sera, oggi il più scarso ne raccoglie 25, e se non ci riesce non lavora.

Mi ricordo quando abbiamo piantato il nostro vigneto, 8 ettari, tanta roba, i primi tre anni si raccoglieva in famiglia, zii, zie e con pochi amici di papà, era una festa continua che durava quasi un mese e ogni giorno si metteva tavola per almeno una quindicina di persone, se non anche venti tra ragazzi, adulti e bambini.

C’era condivisione, aria di festa, giocosità, nessuna competizione, si pagava con lo scambio di lavoro e/o con la stessa uva per farsi ognuno i suoi 3/400 litri di buon vino naturale, senza veleno, in ogni senso, fatto in casa… “Ci si aggiusta”, come si usava dire e il bello era che, anche se poco, ci guadagnavano sempre tutti, conveniva a tutti, sempre, nessuno restava scontento”.

Poi- sottolinea Lembo- qualcosa comincia a cambiare.

“Arrivò il tempo dell’uva esportata fuori regione (in Abruzzo, a Tollo) e iniziò l’esigenza di fare presto, far partire il camion prima di mezzogiorno, per non far iniziare la fermentazione considerando anche la strada da fare e le eventuali fermate a cui a volte obbliga la viabilità.

Iniziarono le competizioni tra operai, tra agricoltori, tra camionisti, tra i produttori di attrezzature per la raccolta… Tutti apparentemente vincenti e vincitori ma oggi, se ci guardiamo un attimo indietro mi pare che non abbia vinto nessuno, e paradossalmente nemmeno quelli che ci hanno “guidati” (per non dire manipolati) in questa folle corsa.

“Apparentemente” si produceva meno e con più ore di lavoro, ma a questo punto direi, solo “apparentemente”, necessariamente virgolettato.

Eravamo tutti più ricchi, spensierati, sereni, felici “apparentemente” con poco”.

Lembo sottolinea il cambiamento in un’accezione non positiva.

“Abbiamo sbagliato qualcosa. Si può ripristinare quella “condizione umana” che abbiamo vissuto negli anni 70/80? Non lo so, ma so che dovremmo almeno provarci,  dovremmo farlo noi cresciuti in quel periodo, prima di andar via da questo mondo, prima che finiscano le candeline, abbiamo tutti più di cinquant’anni, non siamo ancora vecchi, abbiamo ancora più di un decennio di buona energia utile per fare qualcosa, concretamente, ognuno la sua piccola parte nel suo lavoro, nella vita quotidiana, in famiglia.

Siamo l’ultimo ponte tra quei vecchi tempi che ora tanto ci mancano e questo nuovo che… Ditelo voi cos’è…”.

Agli agricoltori, a quelli che lo sono oggi e a quelli che lo saranno domani, lasciamo l’ardua risposta.

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