Le Guide di Foggia Reporter: Casalvecchio di Puglia

Casalvecchio di Puglia – La cultura bizantina e la lingua alloglotta ci ricordano le sue origini albanesi.
Tra i paesi dei Monti Dauni, Casalvecchio di Puglia è uno dei più attraenti. I costumi bizantini e la lingua alloglotta lo denotano come il borgo dei padri greco-albanesi, immigrati in Daunia nel ‘400 a capo di Giorgio Castriota Skanderberg per combattere al fianco del re Ferdinando I d’Aragona contro Giovanni d’Angiò in contesa del Regno di Napoli.
Passando dinanzi alle graziose casette a pianterreno, si sentono discorsi in lingua straniera o meglio in dialetto, l’Arbëreshë, antica lingua albanese.
Anche fuori le mura cittadine, le montagne e la vita agropastorale sembrano catapultare nei dirimpettai paesaggi balcanici e ben si prestano ad accogliere da secoli alle origini di questa comunità.
Casalvecchio di Puglia si erge su vari tasselli storici a partire dalle candide linee della cinquecentesca Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, edificata per volere di Andrea di Capua, duca di Termoli, e aperta al culto cristiano solo dal 1713 ad opera del Cardinale Orsini, il quale comportò l’arrivo di un’opera d’arte di incommensurabile valore: la tela della Madonna del Carmelo di Michelangelo Sammarco.
Al Casone della Sgurgola Torre dei Briganti, ad esempio, non fu altro che una vedetta di ambivalente efficacia data la diretta comunicazione con Dragonara e Castelfiorentino e comodo avvistamento sul controllo del Tavoliere e del Gargano in caso di scorribande saracene.

Non meno meravigliosa, Santa Maria delle Grazie con le sovrapposizioni di stili e materiali dovuti agli infiniti rimaneggiamenti architettonici.
Al cospetto dei suoi tre ingressi, dinanzi la facciata è in laterizio, il campanile si mostra su tre ordini in pietra e mattoni, semplice e puro come l’interno timpano di bianco “vestito”.
Una struttura ecclesiastica del XIX secolo, ricostruita più volte a causa degli innumerevoli terremoti.
Non si dimentichi, infatti, che Casalvecchio è pur sempre al confine tra la Puglia e il Molise.
Tuttavia, la presenza degli Arbëreshë in questo territorio ha condotto nel tempo la diffusione di usi e costumi diffusisi poi in lungo e in largo della Daunia.

Il canto delle uova per la notte di Pasqua o le fanojie di San Giuseppe ne sono l’emblema e a cui si associano le sagre in onore degli immigrati in ritorno, onorificando piatti autentici e rari.
La tagliata di cacio ricotta su fave è una di queste, ma calzoncelli e la zuppa alle castagne.
Immancabile è l’insalata di purtagall, la cui buccia posta sui bracieri funge da pot pourri essenziale di antiche ed accoglienti dimore.
Fonte: Centro residenziale di studi Pugliesi in Siponto, “Lingua e storia in Puglia”, Edizione 27, 1985.