Economia

Bitcoin e un consumo di energia superiore a quello dell’Argentina

Un recente studio ha rivelato come i Bitcoin vadano a consumare così tanta energia al punto tale da superare le soglie toccate da un Paese come l’Argentina. In effetti, si tratta di una serie di dati che non possono che lasciare a bocca aperta, frutto di una recente ricerca che è stata portata a termine da parte dell’Università di Cambridge.

Il consumo dei Bitcoin produce una quantità di energia che va ben oltre quella dell’Argentina. Certo, la singola frase fa anche un po’ rabbrividire e, in effetti, lo studio del celebre istituto ha messo in evidenza ancora una volta uno dei problemi principali legato alla produzione di moneta digitale. Ovvero, l’altissimo quantitativo di energia che serve per poter effettuare tutti i vari calcoli a livello informatico che offrono la possibilità di tenere traccia di ogni tipo di transazione che riguarda la criptovaluta.

Gli effetti collaterali della digitalizzazione

Ad ogni modo, il fatto che la digitalizzazione potesse avere non solo aspetti positivi, ma anche qualche neo, in modo particolare dal punto di vista ambientale, è cosa risaputa. Infatti, solamente due anni fa, arriva l’allarme di un gruppo di esperti ambientali legati al Verbraucher Service Bayern. Si tratta, in poche parole, del servizio dedicato ai consumatori che è attivo in Germania, che ha voluto approfondire la questione, sottolineando quanto fossero importanti le emissioni di CO2 rilasciate nell’ambiente da tutte queste attività digitali.

Quanta energia serve ai Bitcoin?

Secondo le stime che sono state portate a termine da parte dell’Università di Cambridge, infatti, i Bitcoin si caratterizzano per avere un consumo pari a qualcosa come 121,36 terawattora ogni anno. Si tratta di un valore che, stando a quanto è stato riferito da più e più scienziati, proseguirà nel suo percorso di crescita in maniera costante, fino al momento in cui il valore del Bitcoin non dovesse crollare, anche se quest’ultima ipotesi non sembra molto credibile al momento.

Come è stato messo in evidenza da parte di Michel Rauchs, uno dei coautori di questo interessante studio, il consumo di così grandi quantitativi di energia da parte del Bitcoin è legato esclusivamente alla progettazione. Il problema è che non ci si può nemmeno attendere qualche miglioramento, tranne nella sopracitata ipotesi che il valore della criptovaluta dovesse scendere in maniera importante.

Attualmente, infatti, un numero sempre più alto di aziende e imprese hanno scelto di effettuare dei corposi investimenti nella più famosa criptovaluta al mondo. Un esempio su tutte? Tesla, visto che dopo l’annuncio che è stato comunicato da parte di Elon Musk, ha completato l’acquisizione di qualcosa come 1,5 miliardi di Bitcoin. È finita qui? Assolutamente no, dato che ha già pianificato di integrare questa criptovaluta tra i mezzi di pagamento.

Con queste mosse, la valuta digitale più famosa a livello mondiale non ha potuto fare che un clamoroso balzo verso l’alto, con un pazzesco incremento del 350% nel corso dell’ultimo anno.

Proprio il fascino che questa criptovaluta continua ad avere, sta inevitabilmente trascinando i minatori di Bitcoin a fare in modo di alzare sempre di più anche i livelli di estrazione. In questo senso, le macchine non vengono più spente, ma rimangono accese e attive h24, aumentando notevolmente, come si può facilmente intuire, il consumo di energia. Tra l’altro, visto che i Bitcoin non sono una valuta fisica, è fondamentale che ogni transazione che viene portata a termine sul web venga controllata senza sosta.

Quindi, i Bitcoin potrebbero a breve diventare un problema per l’ambiente. Immaginandoli come uno Stato, sarebbero di fatto nella top 30 dei Paesi a livello mondiale in termini di produzione di energia, scalzando in classifica anche l’Argentina.

Redazione

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