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Stagione di Prosa del “Giordano”: in scena “Edipo Re” e “Edipo a Colono”

Domani 28 e mercoledì 29 marzo, alle ore 21, nuovo appuntamento con la stagione di prosa del Teatro “Giordano”, organizzata dall’Amministrazione comunale in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese.

Dopo vent’anni, la Compagnia Mauri-Sturno torna a mettere in scena i due capolavori di Sofocle “Edipo Re” e “Edipo a Colono”, per analizzare più compiutamente il mito immortale di Edipo. Anche i registi saranno diversi: Glauco Mauri, per l’“Edipo a Colono”, e Andrea Baracco per l’“Edipo Re”.

Due testi rappresentati nella stessa serata, con due registi e due ambientazioni scenografiche diverse, unico l’autore, Sofocle, unica la traduzione di Dario Del Corno. Unico il cast: Glauco Mauri è Tiresia in entrambe le opere, Roberto Sturno è Edipo nella prima e il Messo nella seconda. Con loro, in scena, impegnati nei due spettacoli in ruoli diversi: Barbara Giordano (è Giocasta e poi Antigone), Mauro Mandolini, Ivan Alovisio, Laura Garofoli, Roberto Manzi, Laurence Mazzoni, Paolo Benvenuto Vezzoso.
Le scene e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Edipo a Colono di Germano Mazzocchetti e gli elementi sonori di Edipo Re di Giacomo Vezzani.
Lo spettacolo è una coproduzione della Compagnia Mauri-Sturno con la Fondazione “Teatro della Toscana”.

«“Edipo Re e Edipo a Colono sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uomo, per gli interrogativi che pongono alla mente e per la ricchezza di umanità e di poesia che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’UOMO, perché racchiude in sé tutta la storia del suo vivere.

Sono due opere scritte in epoche diverse della vita di Sofocle ed è nell’accostamento di questi due grandi testi che poeticamente si esprime e compiutamente si racconta la “favola” di Edipo alla ricerca della verità.
Alla fine del suo lungo cammino Edipo comprende se stesso, la luce e le tenebre che sono dentro di lui, ma afferma anche il diritto alla libera responsabilità del suo agire. Edipo è pronto ad accettare tutto quello che deve accadere ed è pronto a essere distrutto purché sia fatta luce. Solo nell’interrogarci comincia la dignità di essere uomini. E’ questo che Sofocle con la sua opera immortale dice a tutti noi.

Convinti che il Teatro sia un’arte che può e deve servire “all’arte del vivere” affrontiamo queste due opere classiche per trovare nelle radici del nostro passato il nutrimento per comprendere il nostro presente, questo è il nostro impegno e il nostro desiderio». (Andrea Baracco, Glauco Mauri).

Redazione

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