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La Tomba di Rotari sul Gargano: il mistero di un sepolcro rivelatosi battistero

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Monte Sant’Angelo, oltre ad illustri pellegrini, è stata per secoli visitata da moltissimi papi, imperatori e re.

Si osa fantasticare che persino l’Orlando Furioso l’abbia visitato.
Forse per la Grotta di San Michele Arcangelo, ma di certo anche per altre sue meraviglie.

Il Battistero di San Pietro dedicato a San Giovanni in Tumbam, ad esempio, prima chiesa cittadina, non molto distante dal santuario micaelico per ubicazione, epoca e funzioni.

San Pietro sorse come semplice dimora di Cristo, solo in seguito fu tramutata in un battistero con il fine di completare l’opera barocca della Chiesa di Santa Maria Maggiore.

Il suo ruolo, al cospetto di quest’ultima, è ben chiaro in quanto nel complesso ricostruisce una sorta di Piazza dei Miracoli, tipico nel Medioevo.

Complesso monumentale della Tomba di Rotari antistante Santa Maria Maggiore – Ph. Credit: Nicole Rinaldi

Un motivo in più per soffermare religiosi e normanni pellegrini lungo la Via Francigena. Tuttavia, il suo nome è frutto di un fraintendimento dell’epigrafe in alto all’ingresso del battistero, recante il termine Rodelgrimen tumbam, erroneamente interpretata come la Tomba di Rotari, re dei Longobardi.

Il complesso ecclesiastico, infatti, oltre a custodire sulle pareti autentici affreschi di matrice giottesca, ha un pavimento antichissimo che seppellisce famose sepolture.

Per giunta, l’inesatta traduzione è stata supportata anche dal testamento di sepoltura dello stesso Rotari, il quale ne espresse il desiderio di essere seppellito proprio a Monte Sant’Angelo.

Panoramica sul Battistero e la Chiesa – Ph. Credit: Andrea Stuppiello

Ma la realtà fu tutt’altra: Rotari non visitò mai il paese dell’Arcangelo e le sue spoglie sono ancora oggi ubicate in quel di Parma.

Frattanto, la corretta traduzione letterale del termine latino è “cupola di Rodelgrimo”, un nobile locale che insieme a suo cognato Pagano, ne ha commissionato la realizzazione del battistero nel 1109, dedicandone la tumbam (volta), per l’appunto, al San Giovanni Battista.

Da allora, la nomenclatura del monumento ne è rimasta invariata, nonostante si trattasse di un contesto molto frequentato. Nel 1894, demolito il Battistero di San Pietro, ne rimase solo la cupola, un monumento originale anche per la sua architettura.

L’autenticità di questo posto, dal 2011 Patrimonio dell’Umanità, si connota soprattutto nella poliedricità: la facciata romanica, il magnifico rosone a traforo e l’abside completano la piazza antistante a Santa Maria Maggiore, mentre gli innumerevoli riadattamenti interni sormontano la massiccia pianta quadrata del IX secolo con una torre ottagonale che si sviluppa in altezza attraverso l’ascesa della nota cupola ellittica.

Un esempio raro di romanico pugliese. Ciascun capitello è diverso dall’altro: stili corinzi, greci e bizantini si confondono tra sinuosità vegetali e volti onirici.

Per non parlare delle cornici che impreziosiscono i bassorilievi e i portali raffiguranti le Sacre Scritture, in un programma iconografico completo, impreziosito dalle scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, dove però angeli e personaggi allegorici di Vizi e Virtù sorgono su architravi e lunette di materiale ed epoche differenti.

Capitello dorico con angeli e santi – Ph. Credit: Silvia Wanderlust

Non è fuori luogo dedurre, dunque, che mausolei e battisteri fossero sacri luoghi ambivalenti. A testimoniarlo, la fonte battesimale scavata a mò di conca nel pavimento. Meraviglioso pensare a quanta metamorfosi abbia subito questo posto, motivo per cui il suo fascino è così intrigante e quasi irrisolto.

Fonte: pp- 9 – 12, Fulloni, S., “L’Abbazia dimenticata. Santissima Trinità sul Gargano tra Normanni e Svevi”, Liguori Editore, 2004.
pp. 243 – 246, “Emporium, rivista mensile illustrata d’arte, letteratura, scienze e varieta”, Vol. 49-50, Istituto italiano d’arti grafiche, 1919.

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