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Amicizia e amore all’ombra della nuova chiesa di Padre Pio: “La fabbrica del santo” del foggiano Leonardo Gliatta

Una storia d’amore, un’amicizia tra due ragazzi, la scoperta dell’età adulta, la cronaca del nostro Paese e la costruzione di un’imponente chiesa.

La provincia di Foggia non è mai stata raccontata dal mondo delle narrativa, se se ne sente parlare è solamente per i tragici fatti di cronaca che la macchiano con il sangue, questa volta però un autore foggiano ha voluto renderla protagonista del suo romanzo d’esordio. Lui è Leonardo Gliatta e il suo libro si intitola “La fabbrica del santo“.

Leonardo Gliatta è nato a Foggia, nel 1977. Ha studiato Cinema all’Università di Siena e questa sua “deformazione professionale” la si coglie perfettamente nel romanzo dove, pagina dopo pagina, ci immaginiamo i volti dei protagonisti sul grandeschermo.

Dopo tanti anni a Roma, dove ha lavorato in ambito media per canali tv satellitari, dal 2011 vive a Milano e si occupa di media strategy e analytics per le reti Discovery. Scrive racconti, sceneggiature, storyboard per graphic novel e radiodrammi (Lifegate Radio). Ha pubblicato una monografia sul cinema di Wong Kar-wai, per Dino Audino Editore.

La sua prima sfida da romanziere vede come protagonista la Capitanata, una terra troppo spessa disprezzata, abbandonata e considerata “appestata”, una terra dalla quale tanti scappano e pochi ritornano. Leonardo, però, ha voluto renderle giustizia, trasformandola nell’ambientazione del suo romanzo, recuperando tutto quel bagaglio di usi, costumi, tradizioni e folklore che la rendono unica nel mondo.

I protagonisti de “La fabbrica del santo”, un libro pubblicato da Ianieri Edizioni, sono due ragazzi giovanissimi, Salvatore e Valentino. Partendo dalle strade arse di una Puglia mai raccontata, Leonardo Gliatta racconta di un paesino che sta per diventare famoso grazie a un santo, Padre Pio.

Valentino ha dei sogni troppo grandi da inseguire, è sicuro di sè (forse fin troppo) ed è il figlio del ricco avvocato Giurato, Salvatore vive del suo riflesso, è legato alla terra ed è per tutti “il bravo ragazzo di paese”. Non possono essere più diversi, eppure la loro vita è scandita da distacchi e reciproche attese.

La ricerca di un’identità, l’ambizione, l’amore di una donna indimenticabile li porteranno fino a New York, sulle vette del mondo. Quanto saranno disposti a tradire la loro amicizia per vedere realizzati i loro desideri? Non possiamo anticiparvi nulla ma possiamo dirvi che leggendo questo libro non vi mancheranno i colpi di scena, i sorrisi, le risate, i brividi e anche qualche lacrima.

“La fabbrica del santo” è un libro da leggere tutto d’un fiato, un’opera scritta magistralmente (e si tratta della prima prova da romanziere per l’autore) che, come in una pellicola cinematografica, ci svela scena dopo scena ciò che è successo nella vita dei due giovani protagonisti, ragazzi di un paesello del Gargano che a volte sentono troppo stretto, tra pettegolezzi, vecchie storie lasciate in sospeso, jukebox, anziane signore vestite di nero intente a ricamare e quella verve selvaggia, diretta e senza fronzoli che caratterizza la terra di Capitanata.

Leonardo Gliatta per il suo romanzo d’esordio ha scelto un linguaggio diretto, autentico senza troppi paroloni, un linguaggio anche crudo ma che risulta perfetto per rendere tutto più reale, nudo e semplice proprio come la location che ha scelto per il suo libro.

Per la prima volta la terra foggiana viene fuori cosi com’è, in tutta la sua essenza, con i suoi volti, i suoi limiti, le sue storiem i suoi tesori e i suoi splendidi panorami. La vicenda si svolge nell’arco di dieci anni, dal 1995 al 2005 quando ormai la costruzione della mastodontica chiesa progettata da Renzo Piano è stata ultimata, inaugurata e consacrata.

Precisamente la chiesa di Padre Pio venne inaugurato a San Giovanni Rotondo il 1 luglio del 2004 davanti a oltre trentamila persone, dopo ben dieci anni di lavori. La costruzione suscitò mole critiche data la sua grande ed evidente contemporaneità che si discosta dalle forme canoniche della chiesa cristiana.

La costruzione di questa grande chiesa rappresenta la cornice nella quale si svolgono le vicende che vedono protagonisti Salvatore (“Tore”), Valentino e la bellissima Marida. A raccontare è Salvatore che offre al lettore la visione diretta, da un testimone oculare, di quanto succede nel paesino del Gargano in fermento per la costruzione della nuova chiesa di Padre Pio.

“La fabbrica del santo” è un romanzo dove la santità c’entra ben poco, così come ci ha confessato l’autore, è un libro in cui i giovani protagonisti ricercano disperatamente la loro identità, crescono, cambiano, si innamorano, fanno scelte giuste e sbagliate, maturano, si allontano e si rincorrono fino alla fine.

Non vogliamo aggiungere altro, ora tocca a voi leggerlo e tuffarvi nel mondo di Salvatore e Valentino. Prima, però, vogliamo informarvi che questa sera, alle ore 20:00, nella bellissima cornice di “Green Cave” a Monte Sant’Angelo, l’autore presenterà il suo libro e sarà pronto a rispondere a tutte le vostre curiosità.

Nel frattempo vogliamo farvi leggere alcune interessanti dichiarazioni dell’autore che abbiamo avuto il piacere di intervistare.

Il romanzo è stato presentato a Foggia nella bellissima cornice della Villa Comunale in occasione di “Foggia Estate in Villa”, che riscontro ha avuto dai foggiani?

La cornice era perfetta, la risposta dei foggiani è stata molto positiva, c’era davvero tantissima gente. In Italia si legge poco e Foggia non è una delle città in cui si legge molto, ma contro ogni aspettativa c’era un bel pubblico, stampa e radio, non potevo essere più contento. L’incontro è stato molto leggero e breve, così come è la mia scrittura, snella, secca e diretta.

I protagonisti del romanzo sono due ragazzi, Salvatore e Valentino. Quanto c’è di Leonardo Gliatta nei due giovani protagonisti de La fabbrica del Santo?

Di me c’è sicuramente una parte importante, sia in Valentino che in Salvatore ci sono degli aspetti del mio carattere; è chiaro che essendo il mio romanzo di esordio ho voluto metterci dentro il mio vissuto e le esperienze raccolte finora. Non a caso come ambientazione ho scelto di partire dalla mia terra, un po’ perché secondo me è importante capire che ad un certo punto della vita bisogna fare i conti con il passato.

Quando si ha una solidità e ormai si ha acquisito una posizione ci si chiede: “Ma io da dove vengo?”, si vuole recuperare e riscoprire le proprie radice. Ho capito che quello che qui si guardava in maniera sospetta perché ci andava stretto e non offriva molto, dopo viene visto con occhi diversi.

Passeggiando per via Arpi di sera ho scoperto delle chiesette e degli angolini nascosti che non avevo mai visto da ragazzo, ci sono tantissime cose nascoste a Foggia e nella provincia, il mio libro abbraccia diversi luoghi del nostro territorio.

Inizia a San Giovanni Rotondo, si accenna anche a Foggia, per poi spostarsi a Vieste e alle Isole Tremiti, ho toccato quindi le mete più turistiche del Foggiano ma ci sono tantissimi luoghi che meritano di essere conosciuti.

Come mai hai scelto proprio San Giovanni Rotondo?

Volevo partire da un luogo che fosse un simbolo per la nostra terra e non solo. San Giovanni Rotondo è un paese famoso in tutto il mondo, è una rarità, una perla del nostro territorio. Facendo diverse ricerche sulla progettazione della chiesa di Renzo Piano e sui ritardi della realizzazione attraverso il recupero delle cronache dell’epoca ho scoperto cose non conoscevo. Nel romanzo c’è quindi anche un po’ di inchiesta.

Ho trovato un escamotage per inserire nel racconto le testimonianze giornalistiche dell’epoca: Salvatore, la voce narrante del romanzo, il ragazzo più legato alla terra e al paese, diventa il testimone oculare del processo di costruzione della nuova chiesa inserendosi negli organi di stampa dei frati cappuccini e del mondo mediatico che ruota intorno a Padre Pio. In questo modo ho creato un osservatore che dall’interno può raccontarci che cosa è successo.

Perché hai scelto di parlare proprio della chiesa di Padre Pio?

Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo, una decina di anni fa, la chiesa era ormai finita quindi per scrivere il romanzo ho dovuto fare un lavoro di ricostruzione a ritroso. Ho deciso di raccontare la storia della chiesa di Padre Pio perché sono sempre stato affascinato dai luoghi religiosi non perché io sia particolarmente credente ma perché si tratta di posti che hanno un’energia particolare. Fedeli da tutto il mondo viaggiano per giorni per raggiungere questi luoghi di devozione spesso sperduti come San Giovanni Rotondo, Fatima, Lourdes e così via.

Hai fatto caso che tutti i luoghi di culto cristiani sono sorti in località anonime, sperdute, arroccate: Lourdes, Fatima, Medjugorje. Cosa erano prima della canonizzazione e cosa sono diventati dopo? Cosa potrà mai diventare San Giovanni?, da “La fabbrica del santo”.

Si tratta di piccolissimi centri anonimi che per la presenza di qualcosa di sovrannaturale diventano luoghi presi d’assalto. Mi affascinava l’idea di questa cittadina di provincia che viene sconvolta per la presenza di un santo che fa miracoli. Mi interessava anche l’aspetto economico di questi posti che dall’essere luoghi semplici e poveri si ritrovano ad arricchirsi e a diventare vere e proprie mete turistiche, per non parlare dello sfruttamento commerciale dell’immagine di Padre Pio.

Dopo la guerra, a San Giovanni c’era la fame. Ma la fame nera, quella che ti fa venire i crampi allo stomaco, la notte. I più fortunati mangivano pane e cipolle, c’era chi mangiava pure i topi fritti, da “La fabbrica del santo”.

Chiunque sia andato almeno una volta a San Giovanni Rotondo non può non ricordare la stradona che porta alla chiesa carica di bancarelle che vendono di tutto. Il mio libro non è religioso, anzi, per alcuni aspetti può essere considerato anche disturbante. Salvatore ad un certo punto, vivendo dall’interno il mondo della chiesa, si rende conto di tante cose che non vanno e che non erano come immaginava.

Qual è l’immagine che hai voluto dare a questa terra con il tuo romanzo?

Quando ho scritto questo libro mi sono chiesto “Perché nei libri di narrativa non si parla mai di questi luoghi? Ci sono tanti autori pugliesi che raccontano diverse parti di questa regione nei loro libri, è famoso il Salento così come è famosa la terra di Bari ma mai si parla di Foggia e della sua provincia se non per inchieste sulla criminalità e sulla mafia, come se fosse solamente un territorio problematico.

Il problema c’è e bisogna sottolinearlo sempre, è importante far emergere questi aspetti critici, ma allo stesso tempo bisogna valorizzare tanti altri aspetti che mai nessuno ha affrontato a livello letterario. Con i miei studi ho volito ripescare nelle mie memorie per poter raccontare il territorio del Gargano, quello di San Giovanni Rotondo, recuperando tradizioni, usi e termini dialettali che sono  ormai scomparsi.

Che messaggio vorresti lanciare ai ragazzi foggiani?

La cosa più importante che mi sento di dire ai ragazzi di Foggia è quello di fare tante esperienze, fare lo stesso salto che hanno fatto i protagonisti del mio romanzo, Salvatore e Valentino. Non bisogna andare per forza dall’altra parte del mondo per crescere, per avere successo, bisogna sempre essere curiosi e provare a conoscere ciò che vi è fuori dalla nostra realtà per poi tornare a casa e mettere a frutto ciò che abbiamo imparato.

Annarita Correra

Mi chiamo Annarita Correra, ho 28 anni, sono una giornalista pubblicista, una copywriter, content creator e cantastorie. Credo che la bellezza salverà il mondo e per questo la cerco e la inseguo nella mia terra, la più bella del mondo. L’amore per la letteratura mi ha portato a conseguire la laurea triennale in Lettere Moderne e quella magistrale in Filologia Moderna. Ho collaborato con riviste online culturali, raccontando con interviste e reportage le bellezze pugliesi. La mia avventura con Foggia Reporter é iniziata cinque anni fa. Da due anni curo la linea editoriale del giornale, cercando di raccontare la città e la sua provincia in modo inedito, dando voce e spazio alla cultura e alle nostre radici. Scrivo e creo contenuti digitali, gestisco la pagina Instagram del giornale raccogliendo e raccontando le immagini più belle delle nostra terra.

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