Chiesa di Sant’Anna, una delle chiese più antiche di Foggia

Foggia – Il mese di luglio è il mese di Sant’Anna, un mese caldo caratterizzato dalla tipica festa che da sempre richiama tantissimi foggiani in uno dei più antichi quartieri della città, tra antiche tradizioni e le caratteristiche ciammaruchelle. Conoscete la storia della chiesa di Sant’Anna a Foggia? Ce la racconta Ettore Braglia, appassionato di storia locale.
Cessato il regime borbonico in ottemperanza al decreto di Garibaldi del 17 febbraio 1861 e della legge del 1866, che prevedeva la soppressione delle congregazioni religiose, il vasto Convento dei Cappuccini sito fuori porta San Severo, fu chiuso e la proprietà passata al Demanio, che dopo breve tempo la adibì a Caserma di Cavalleria. In quanto ai Figli di San Francesco, ognuno prese la sua nuova strada.
Chi uscì dal Convento forse più addolorato di tutti i confratelli, per aver abbandonato la bella e fastosa Chiesa di Sant’Anna nella quale, trasformata in scuderia vi entrò non poche volte il giovane laico Fra Angelo da Sannicandro Garganico, che passò in qualità di sagrestano nella Parrocchia di San Giovanni Battista.
Nella cameretta, annessa alla sagrestia, che ebbe la fortuna di occupare, egli ricordava la nuda cella abbandonata, carezzò presto il sogno della costruzione di un tempio da dedicare alla sua Protettrice. Purtroppo, gli mancavano i mezzi per l’arduo progetto .
Chi avrebbe potuto attuarlo? Soltanto i crocesi; gli abitanti del borgo cittadino più ignorante, più misero, più rozzo, alla cui circoscrizione apparteneva l’antica sede conventuale.
Ma, pur desiderandolo, avrebbe potuto, nella loro incomprensione e povertà, cambiare il sogno in realtà, per ridare alla zona periferica il tempio perduto?
Fra Angelo non si perdette d’animo; fidando, unicamente nella Divina Provvidenza come in avanzata età si confidava, si accinse all’improba opera, assumendo un duplice, gravissimo impegno morale verso la cittadinanza e l’Ordine monastico, al quale apparteneva.
Tutte le mattine, sull’alba e con qualunque tempo Fra Angelo iniziava il giro di uno dei rioni, presentandosi ad ogni porta, con l’abituale motto sulle labbra: Sant’Anna.
Era l’umile richiesta dell’obolo, che dopo qualche mese nessuno gli negava più. Obolo nella maggior parte rappresentato dal modestissimo tornese, del quale oggi non si può conoscere e apprezzare il valore.
Una modestissima monetina di rame che Fra Angelo incolonnava nel cavo della mano sinistra, sempre pronto al cambio con un pezzo di più grosso taglio, nella speranza di ottenere una percentuale dal comprensivo fedele.
Passarono i mesi, gli anni e nonostante il lento corso dei lavori, spuntò la fausta alba del 24 novembre 1891, in cui la Chiesa di Sant’Anna, ancora in rustica veste, venne consacrata al culto dal Monsignor Marinangeli Vescovo di questa Diocesi.
Entusiasticamente accolti, non soltanto dai crocesi, ritornarono i cappuccini che occuparono il palazzetto attiguo alla chiesa; e fra Angelo, dalla barba ormai bianca e le spalle curvate, continuava a battere le vie cittadine, bussando, sempre a tutte le porte per chiedere ancora la piccola offerta dei foggiani, ” La Chiesa diceva lui è troppo misera, ha bisogno di più decoro e di arredi” .
Primo della nuova comunità fu Padre Mariano dalla folta barba bionda e grossi occhiali, anch’egli da Sannicandro Garganico, imponente figura di frate che incuteva rispetto a chi soltanto lo avvicinava; già rettore della vicina Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nella quale, seralmente, conveniva una massa di fedeli ammaliati dalla sua affascinante eloquenza, iniziò subito il proselitismo francescano ; tra i vari giovani che accorrevano ad ascoltarlo, si ricorda tale Bruno figlio di un fruttivendolo crocese che vestì il saio di San Francesco e in omaggio al suo precettore prese il nome di Padre Mariano da Foggia.
In seguito arrivò Padre Stefano, alto, bruno, mutilato di un orecchio; Padre Serafino dal viso dolcissimo incorniciato dalla nives, profetica barba; costantemente circondato dai studenti, sempre pronto ad intrattenersi sui problemi della fede e andare loro incontro nelle difficoltà dello studio. Spiccatissima figura, sebbene la modestia della persona attivissima, entusiasta collaboratore di Fra Angelo fu Fra Matteo.
Basso di statura, rubicondo, sempre in vena di celiare. Addetto alla cucina e ad altri umili incarichi, tutto il tempo che gli restava disponibile lo dedicava, col rotolo di filo di ottone al braccio, il morsetto e i grani del rosario nelle mani, alla confezione di corone per i fedeli, che conoscendo lo scopo del suo lavoro lo compensavano degnamente.
Era un mezzo per aumentare il fondo con il quale l’infaticabile Fra Angelo andava completando il suo “sogno”. Arredava e ornava il nuovo tempio dedicato alla grande Protettrice.