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Cimitero di Foggia, quella lapide dedicata a tutte le mamme che commuove

Foggia – Il 2 novembre si avvicina e come ogni anno tantissimi foggiani si recheranno al Cimitero comunale di Foggia per dare un dolce saluto ai cari ormai scomparsi. Tra i tanti vialetti segnati dagli alti cipressi fa capolino una lapide in pietra sulla quale si può leggere la seguente scritta: “A tutte le mamme. Un figlio che non conobbe e non ebbe l’affetto della sua”. Una frase che commuove, che fa riflettere e che ci spinge a formulare diverse e tristi ipotesi sulla tragica storia nascosta dietro quelle strazianti parole.

Nel gruppo Facebook “Foggia com’era” sono tantissimi gli utenti che hanno condiviso i loro personali ricordi legati a questa lapide che risalirebbe agli anni 50 o forse ad ancor prima. C’è chi scrive di rimanere puntualmente colpito da quella scritta, chi fin da bambino si sofferma a pregare per quel bambino che non ha mai conosciuto la sua mamma, chi porta ogni volta un fiore fresco, chi ancora si commuove quando si sofferma a guardarla.

Dove si trova questa antica e triste lapide? Qual è la sua storia?

Raggiungere questa lapide non sarebbe poi così difficile. Bisogna entrare dal cancello laterale del cimitero, da via Sprecacenere e percorrere il vialetto. Alla fine di quest’ultimo, proprio dove finiscono i campi delle croci bianche dei bambini, si vede una cappella privata dalla forma molto particolare costruita con mattoni color rosso e marroncino. A sinistra di questa cappella privata si trova la lapide di cui stiamo parlando.

Ricostruire la storia che si cela dietro questa pietra sepolcrale è un lavoro molto difficile, proprio perchè non conosciamo neppure con esattezza l’anno in cui fu deposta nel cimitero. Possiamo però provare a fare delle ipotesi, così come hanno provato a dare una spiegazione i tanti utenti che hanno commentato il post di Facebook.

Una signora scrive: “Mia nonna mi raccontava che un ragazzo era stato abbandonato in un istituto. Qui si ammalò e morì senza mai conoscere la sua mamma”.

Se come si racconta questo ragazzino si trovava in un istituto le suore o chi si occupava della struttura avrà provveduto alla sepoltura e a dedicargli questa commovente lapide “anonima”. La definiamo anonima in quanto non è riportato il nome del defunto, nè la sua data di nascita e morte. Potremmo allora formulare due possibili ipotesi.

Spesso i bambini abbandonati non avevano un nome, erano figli di nessuno. Chi decideva di lasciarli, infatti, non sempre forniva il nome (alcuni invece decidevano di scriverlo su un bigliettino o su un ciondolo che avrebbero poi messo al collo del piccolo) e spettava quindi alle suore o a chi li trovava dare un nome al piccolo orfanello. Questa lapide è possibile che sia stata lasciata volutamente anonima proprio perchè non si conosceva l’identità del piccolo o della piccola.

Anticamente nella Capitanata non vi erano istituti specifici adatti ad accogliere e a curare i piccoli abbandonati, così, i trovatelli, venivano portati a Napoli sui carretti guidati dai cosiddetti “bastardari”. Inizialmente i bambini venivano lasciati per strada, nelle piazze e nei mercati – venivano scelti questi posti affollati con l’intento di un ritrovamento veloce – di notte o nei giorni di festa per confondersi tra la folla. Poi fu istituita la cossiddetta ruota, un congegno rappresentato da una bussola di legno rotante su un’asse verticale e munito di uno sportello aperto in corrispondenza di una fessura posta sull’esterno della strada, dove il bambino poteva essere lasciato. Girando la ruota il piccolo si ritrovava all’interno di un ricovero, di una chiesa o di qualsiasi altro luogo di accoglienza.

L’altra ipotesi sarebbe quella di considerare questa lapide come un ricordo universale di tutti quei bambini che morirono, abbandonati, senza mai aver conosciuto le proprie mamme.

Forse non conosceremo mai la vera storia che si nasconde dietro questa pietra tombale, ma una cosa è certa: non smetteremo mai di commuoverci dopo aver letto quelle parole così toccanti che spezzano il cuore.

Crediti foto: Alessandra Pipoli

Annarita Correra

Mi chiamo Annarita Correra, ho 28 anni, sono una giornalista pubblicista, una copywriter, content creator e cantastorie. Credo che la bellezza salverà il mondo e per questo la cerco e la inseguo nella mia terra, la più bella del mondo. L’amore per la letteratura mi ha portato a conseguire la laurea triennale in Lettere Moderne e quella magistrale in Filologia Moderna. Ho collaborato con riviste online culturali, raccontando con interviste e reportage le bellezze pugliesi. La mia avventura con Foggia Reporter é iniziata cinque anni fa. Da due anni curo la linea editoriale del giornale, cercando di raccontare la città e la sua provincia in modo inedito, dando voce e spazio alla cultura e alle nostre radici. Scrivo e creo contenuti digitali, gestisco la pagina Instagram del giornale raccogliendo e raccontando le immagini più belle delle nostra terra.

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