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Torremaggiore e il suo principe maledetto Raimondo di Sangro, una vita tra magia e leggende

Nel lontano 30 gennaio 1710, a Torremaggiore, in provincia di Foggia, nacque Raimondo di Sangro, un originale esponente del primo Illuminismo europeo, un nobiluomo, un alchimista, un inventore, un esoterista e un letterato, definito dall’immaginario collettivo “il principe maledetto“.

Raimondo di Sangro nacque nel castello di Torremaggiore, terzo di tre fratelli, da don Antonio de Sangro e Cecilia Caietani d’Aragona.

Il giornalista e scrittore Rino di Stefano racconta che a Napoli, anche se sono passati tantissimi anni e secoli, quando lo sentono nominare c’è chi, ancora, si fa furtivamente il segno della croce.

Non si può dire, infatti, che Raimondo de Sangro, primo Gran Maestro della massoneria napoletana e Principe di San Severo, abbia lasciato un bel ricordo di sé. Di lui la gente racconta che fosse una specie di stregone, un alchimista diabolico che faceva rapire poveri disperati i cui corpi dovevano servire per i suoi turpi esperimenti.

Raimondo di Sangro alimentò un vero e proprio mito intorno alla propria persona, fu un personaggio molto misteriosio, controverso, disprezzato, sicuramente uno dei personaggi più emblematici e discutibili del Settecento europeo.

Il principe dedicò la maggior parte della sua vita all’alchimia, ed è per questo che i napoletani lo considerarono un vero e proprio “stregone”.

Raimondo di Sangro e le leggende popolari

Tra le strade napoletane dell’epoca si vociferava che nei laboratori del “Principe” succedessero cose strane, il poeta Salvatore di Giacomo ci lascia una descrizione molto particolare dell’atmosfera che si respirava nei vicoli che circonsavano il palazzo di Raimondo: “Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero […].

Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro: di volta in volta, nel silenzio della notte, s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibili”.

Ecco alcuni dei misfatti e dei prodigi che, secondo la cosiddetta “leggenda nera”, avrebbe compiuto il principe di Sansevero: “fece uccidere due suoi servi” per “imbalsamarne stranamente i corpi” (il riferimento è alle Macchine anatomiche); “ammazzò […] nientemeno che sette cardinali” per ricavare dalle loro ossa e dalla loro pelle altrettante sedie; accecò Giuseppe Sanmartino, autore del Cristo velato, affinché egli “non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura”; “riduceva in polvere marmi e metalli” ed “entrava in mare con la sua carrozza e i suoi cavalli […] senza bagnare le ruote”

L’immagine di Raimondo è legata soprattutto alla Cappella Sansevero, il mausoleo di famiglia che riorganizzò e abbellì, in cui l’opera d’arte più significativa è certamente il celebre Cristo velato, opera di Giuseppe Sammartino.

Si tratta di un Cristo morente interamente ricoperto di un velo di marmo che fa corpo unico con la statua stessa e con il giaciglio sulla quale è stata scolpita.

La straordinarierà di quest’opera è che le fattezze del Cristo si intravedono da “sotto” il velo di marmo, si ha quindi l’impressione che la statua sia stata successivamente ricoperta con un velo di marmo.

Cristo Velato Raimondo Di Sangro

Intorno a questa scultura e alla figura di Raimondo aleggia da sempre una leggenda. Si dice che il committente, il “nostro” principe maledetto, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo.

Da circa tre secoli, infatti, molti visitatori della Cappella, colpiti dal mirabile velo scolpito, lo ritengono erroneamente esito di una “marmorizzazione” alchemica effettuata dal principe, il quale avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo, e che questi si sia nel tempo marmorizzato attraverso un processo chimico.

Una figura molto particolare e misteriosa quella di Raimondo di Sangro, che non smetterà mai di affascinare gli studiosi con le leggende e le storie bizzarre che continuano ad aleggiare intorno alla sua figura.

Annarita Correra

Mi chiamo Annarita Correra, ho 28 anni, sono una giornalista pubblicista, una copywriter, content creator e cantastorie. Credo che la bellezza salverà il mondo e per questo la cerco e la inseguo nella mia terra, la più bella del mondo. L’amore per la letteratura mi ha portato a conseguire la laurea triennale in Lettere Moderne e quella magistrale in Filologia Moderna. Ho collaborato con riviste online culturali, raccontando con interviste e reportage le bellezze pugliesi. La mia avventura con Foggia Reporter é iniziata cinque anni fa. Da due anni curo la linea editoriale del giornale, cercando di raccontare la città e la sua provincia in modo inedito, dando voce e spazio alla cultura e alle nostre radici. Scrivo e creo contenuti digitali, gestisco la pagina Instagram del giornale raccogliendo e raccontando le immagini più belle delle nostra terra.

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