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Psicosi coronavirus: mascherine, falsi allarmi e paura in Puglia

È la notizia globale delle ultime settimane quella dell’epidemia di coronavirus che a partire dai primi giorni del dicembre scorso da Wuhan in Cina si è diffusa rapidamente nella provincia di Hubei dove si contano la maggior parte dei contagiati. Dopo il presunto caso di coronavirus registrato a Bari, è stato denunciato il crescere di una psicosi assolutamente infondata su possibili contagi in Europa o in Italia da epidemia da coronavirus.

Continuano a correre sui social e soprattutto tramite Whatsapp falsi messaggi di presunti pazienti di origine cinese ricoverati negli Ospedali italiani.

In particolare sta circolando sulle messaggerie istantanee un messaggio vocale su un presunto uomo contagiato in Puglia, presso il Pronto Soccorso di Lecce. Nulla di più falso affermano dallo “Sportello dei Diritti”, organizzazione no-profit per la tutela dei diritti di tutti i cittadini.

Solo per scrupolo nella persona del suo  presidente Giovanni D’Agata, lo “Sportello dei Diritti” ha effettuato le opportune verifiche a seguito delle quali è stato categoricamente smentito che vi sia un paziente colpito dal virus in questione.

Pertanto è ora che si interrompano queste catene di Sant’Antonio che creano solo panico senza alcun fondamento di verità anche perchè a tutt’oggi le autorità sanitarie nazionali non hanno rilevato alcun caso neanche sospetto.

Tuttavia il tam tam sui social cresce sempre di più e il timore si sta trasformando in intolleranza nei confronti di cittadini asiatici anche propri concittadini. Dopo gli episodi riportati dalla stampa italiana, anche in Svizzera, per esempio, alcune comitive di cinesi non sarebbero state fatte entrare nei ristoranti.

La proprietaria di un ristorante cinese di Zurigo, lei stessa di origine cinese ha candidamente dichiarato alla stampa elvetica:«Il virus mi inquieta. In questo periodo i gruppi in viaggio dalla Cina non sono i benvenuti qui». Nonostante si tratti di una scelta discutibile, la donna si dice costretta a rifiutare gli ospiti asiatici «per motivi di sicurezza»: «Voglio proteggere il personale e gli altri ospiti». E non si fida minimamente dei controlli introdotti in alcuni aeroporti.

«Ho la sensazione che le autorità non stiano prendendo abbastanza seriamente questo virus». Sulla stessa linea un’altra ristoratrice cinese di Lucerna: «Se mi arrivasse la richiesta di riservazione da parte di un gruppo di turisti cinesi, credo che rifiuterei». Sulla stessa linea un altro di Opfikon (ZH), che ammette: «se arrivasse una comitiva che non è stata sottoposta a controlli», la manderebbe prima in ospedale. «Poi potrebbero cenare qui». Secondo lui, «è meglio un controllo in più», prima di poter mangiare nel suo ristorante. Il locale si è già munito di una scorta di mascherine, che i dipendenti hanno anche a casa.

Il dato comune che si tratti di Svizzera o Italia è che molti, alla sola vista di persone di origine asiatica, non solo cinese, pensano subito al coronavirus. La psicosi, quindi, è tuttora in corso. Si dice persino che vi sia stato un boom di vendite di mascherine protettive.

Fonte: Sportello dei Diritti

Redazione

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