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Personaggi foggiani di un tempo: Donna Rosa e il suo famoso banco dei pegni

Grazie ai racconti del cultore di storia foggiana, Ettore Braglia, possiamo regalarvi brevi stralci e ritratti di antichi personaggi che abitarono un tempo la nostra città, il cui ricordo risuona ancora tra i vicoletti del centro storico. Oggi vi parliamo della  famosa Donna Rosa e del suo banco dei pegni.

Appena terminato il vico Ricca, una stradina stretta e tortuosa, dove non batte mai il sole, che ha inizio da via Arpi e attraversa vico Sassi sboccando in via Manzoni, a destra si trova un pianterreno il cui ingresso, fino ai primi del 1900, era garantito da un robusto cancello di ferro.
Nelle grigie e fredde giornate invernali specialmente davanti a quella porta, dalle prime luci del mattino, si accalcava della povera gente che sospirando, spesso imprecando, attendeva il proprio turno.
Chi per curiosità, puntando i piedi a terra, si fosse elevato su quei miseri in attesa avrebbe potuto osservare l’interno; dietro una scrivania vi era una donna anziana era intenta a valutare gioielli, pesare cianfrusaglie d’oro ed argento, staccava bollette spesso coadiuvata dal fratello Dattoli Pasqualino in papalina di seta nera, o da una giovane striminzita nipote.
Era Donna Rosa Angiulli nel suo “regno”, notissima in tutta la città, maggiormente ai popolani, i quali durante le giornate di disoccupazione stagionale pignoravano qualche prezioso per ritirarlo durante l’estate, con i guadagni dei lavori agricoli.
Gente ben conosciuta da donna Rosa, la quale con occhio clinico sapeva distinguere la persona onesta e ritrosa: il povero lavoratore disoccupato al quale mancava la lira per cuocere un piatto di fagioli, dal furfante al quale per precauzione negava qualunque credito. Come si evince, era un banco dei pegni legalmente riconosciuto e autorizzato.
Nel pomeriggio, il cancello restava chiuso, però il bisognoso di quattrini e a conoscenza delle abitudini della casa, sapeva che entrando da via Arpi (angolo via Ricca) trovava donna Rosa, sempre disposta a favorirlo.
Era un prodotto dei tempi molto tristi e miseri che andava di pari passo con quello dei negozianti in cravatte strette; tempi nei quali, per la scarsezza di lavori pubblici, la poca circolazione della moneta, il popolo sopportava in silenzio, mentre l’abbondante produzione spesso marciva perché nonostante il bassissimo prezzo non c’era gente che potesse acquistarla.

Redazione

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