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Padre Pio: il ricordo di Matteo Colella

San Giovanni Rotondo. Era una fredda mattina del 20 gennaio 2000. Matteo Colella andò tranquillamente a scuola. La maestra si accorse, dopo qualche ora, che il bambino stava male: brividi, testa inclinata verso il banco, incapacità di parlare. Vennero chiamati subito i genitori. Matteo aveva la febbre a 40° e cominciava a vomitare. Alle 20.30 non riconosceva più la madre e tutto si fece più concitato. Fu ricoverato immediatamente a Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale di Padre Pio, dove il padre di Matteo lavorava come medico. Le condizioni del bambino apparvero subito disperate. Venne diagnosticata una meningite fulminante. Anzi, per la precisione, nel giro di qualche ora il quadro si fece devastante: meningite acuta con andamento rapidamente progressivo per il determinarsi di uno shock settico e profonda compromissione degli apparati cardiocircolatorio, renale, respiratorio, emo-coagulativo, con acidosi metabolica. Il bimbo venne portato in rianimazione dove passò ben undici giorni in coma. Oggi Matteo Colella sta bene e, grazie alle sue parole, ripercorreremo i tratti salienti della sua esperienza che hanno portato Padre Pio all’Onore degli Altari.

Che ricordo hai dei giorni passati in coma?

Ho un ricordo molto nitido. Sognai Padre Pio che mi diceva di “non preoccuparmi perché sarei guarito presto”. Io mi vedevo in terza persona, tramite un buco. Sembrava quasi che fossi sdoppiato tra anima e corpo. Infatti vedevo il mio corpo attaccato a delle macchine sdraiato sul letto con a destra Padre Pio che mi teneva la mano e a sinistra tre angeli: uno con la veste bianca e le ali dorate e due con le vesti rosse e le ali bianche. Padre Pio, poi, quasi mi sollevò, ma non di forza, e tenendomi la mano volammo fino a Roma – che ho potuto riconoscere tramite l’Eur, un parco divertimenti dove ero stato poco tempo prima della mia malattia. Arrivammo in un ospedale romano e vi entrammo tramite una finestra. C’era un bimbo sdraiato sul letto. Padre Pio mi chiese se avessi voluto guarirlo. Io gli chiesi “come?” e lui mi disse “con la forza di volontà”. Entrambi allungammo le mani su questo bambino e, di lì a poco, mi risvegliai dal coma. La cosa più incredibile è che io non conoscevo Padre Pio. Lo riconobbi come un frate con il saio marrone e la barba bianca. Solo dopo aver visto una sua immaginetta lo identificai.

Ti sei mai sentito un privilegiato?

Onestamente no. Ho sempre vissuto la mia vita nel modo più normale possibile, facendo tutto quello che fanno i ragazzi: giocando, crescendo in maniera normale e anche facendo arrabbiare i miei genitori. L’idea di essere stato un privilegiato non l’ho mai avuta. Ho avuto, piuttosto, l’idea di essere stato molto fortunato e di aver ricevuto una grazia molto importante che ho il dovere di testimoniare per dare fede alla gente che purtroppo in questo momento vive momenti difficili.

Com’è oggi la tua vita?

La mia vita è normalissima. Faccio tutto quello che fa un ragazzo di venticinque anni. Studio, lavoro, gioco a pallone (anzi se posso evitare di andare a messa per giocare a pallone o guardare una partita di serie A, perché sono un grande tifoso juventino, lo faccio), ho una fidanzata che purtroppo vive in Veneto mentre io in Puglia. Infatti due o tre giorni al mese cerchiamo di ritagliarli per noi. Faccio, quindi, la vita che fa qualsiasi ragazzo.

Che rapporto hai con Padre Pio?

Io l’ho sempre vissuto in maniera diversa, forse perché ho iniziato ad avere questo rapporto con lui quando ero piccolo. Lo vedo come un nonno. È un rapporto normale che può avere chiunque. L’importante è avere fede e pregare. Lui ci teneva molto. Io prego tutti i giorni e, se nel caso qualcosa va male, mi arrabbio anche, però è un arrabbiarsi in maniera diversa.

Hai ricevuto la Prima Comunione in Piazza San Pietro durante la Messa di Canonizzazione di San Pio da Pietralcina presieduta da Papa Giovanni Paolo II, divenuto anch’egli Santo. Che ricordo hai?

Avrei dovuto ricevere la Prima Comunione direttamente da San Giovanni Paolo II ma, durante la celebrazione, non si sentì molto bene così mi fu impartita da un Cardinale. Ho avuto comunque modo di incontrare personalmente il Papa. Fu un giorno molto strano perché, vedere tutta quella gente che era lì in Piazza per lo stesso motivo mio, forse non avevo ancora la giusta consapevolezza per capire tutto ciò che mi circondava. Considera che nel 2002 avevo quasi dieci anni. Vedevo gente che voleva avere un contatto con me perché erano lì per la Santificazione di Padre Pio e io sono stato il miracolo che ha lo ha reso Santo. Mi sentivo in soggezione ma, per fortuna, c’era tutta la mia famiglia che in maniera molto simpatica mi ha distratto e mi ha fatto vivere quel giorno nella in tranquillità. È stato un giorno che mi rimarrà per sempre perché, aver fatto la Prima Comunione in Piazza San Pietro con Papa Giovanni Paolo II, è un evento molto forte anche per un bambino di quasi dieci anni.

 

Valerio Palmieri

Giornalista praticante, laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Foggia. Laureato in Filologia moderna con 110 e lode. Da sempre sono appassionato di scrittura e, dopo varie collaborazioni, da gennaio 2017 sono redattore di Foggia Reporter. Mi occupo principalmente di politica, eventi religiosi e interviste. Sono convinto che la comunicazione digitale sia lo strumento più efficace per attuare quella rivoluzione culturale che tanto bene può fare al nostro territorio locale e nazionale.

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