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Pablo Picasso e il Novecento, a Foggia una mostra per scoprire la grande arte novecentesca

FoggiaContemporanea Galleria d’Arte di Foggia in viale Michelangelo 65, a partire dal 25 settembre 2021 fino al 30 ottobre 2021, è lieta di accogliere un’imperdibile mostra dedicata ai più grandi maestri del Novecento, curata da Giuseppe Benvenuto.

Il ricchissimo repertorio comprende prestigiosi capolavori di artisti internazionali, articolati entro un percorso espositivo che, partendo dalla prima metà del secolo scorso, ci offre uno spaccato dell’evoluzione artistica fino ai nostri giorni.

Gli osservatori possono fare esperienza di un itinerario artistico sorprendentemente vasto e differenziato, attraverso un corpus di circa 30 opere – tra cui la celebre
Madame Ricardo Canals (1966, 55×70 cm), litografia a colori su carta intessuta, opera del grande genio del XX secolo Pablo Picasso (1881-1973), firmata e numerata dal maestro.

Il volto austero della donna che compare nella litografia proveniente da Londra è avvolto dalla predominanza del nero, dal quale emerge con autorevole fissità di sguardo. Si tratta di una tecnica di stampa a cui Picasso si dedica enormemente nel dopoguerra, quando la sua attività si apre a molteplici settori, tra cui anche la ceramica e la scultura.

L’arte di Picasso conosce nel corso del tempo una profonda evoluzione, cambiando radicalmente, e con fare quasi camaleontico, la propria fisionomia: dopo gli esordi spagnoli ed il “periodo blu” (1901-1904), affronta l’esperienza parigina ed il “periodo rosa”(1904-06). Successivamente approda ad una semplificazione delle forme in puri volumi, testimoniata da Les demoiselles d’Avignon (1907 – New York, MoMA), opera alla quale lavora per sei mesi, realizzando moltissimi disegni preparatori. Il disegno è infatti per Picasso il modo per vedere la forma, un momento imprescindibile ai fini del rigore architettonico dei suoi personaggi.

L’importanza del disegno è rivendicata anche dal pittore metafisico Giorgio de Chirico (1888-1978), secondo il quale esso non è che il luogo in cui nasce il pensiero, necessario per poter dipingere, così come è essenziale conoscere l’alfabeto per poter scrivere. Il disegno di De Chirico esposto in Galleria, intitolato Biro su Carta (1964), è firmato in basso a destra ed archiviato presso la Fondazione Giorgio e Isa De Chirico (Roma). L’opera è un abbozzo di personaggi dalla messinscena de Il Prigioniero, frutto del pianista Dallapiccola. Attraverso gli schizzi, dunque, anche De Chirico costruisce in maniera preliminare un dipinto, anticipandone l’effetto finale dell’opera pittorica.

I primi autentici paesaggi cubisti di Picasso, risalenti al 1909, danno avvio alla fase analitica in cui la scomposizione dell’immagine determina una moltiplicazione dei punti di vista. Segue la fase sintetica (1913-14), in cui si accentua il carattere sintetico delle forme e compaiono citazioni sovrapposte di carta da parati, finto legno ed elementi extra- pittorici. È a Picasso che infatti si deve l’invenzione del collage – avvenuta nel 1912 con Natura morta con sedia impagliata (Parigi, Musée Picasso) – una pratica che, assieme al papier collé di Braque, gioca un ruolo di primaria importanza nell’ambito dello sviluppo dell’arte successiva, dal Dadaismo, alla Pop Art, fino all’Informale materico.

È in primis con Picasso e Duchamp – il cui primo ready-made, Ruota della bicicletta (The Israel Museum, Jerusalem, 1913), nasce prima del movimento dadaista – che l’oggetto comune, estrapolato dalla quotidianità, si trasforma in oggetto artistico. Successivamente il Dadaismo eleva l’oggetto d’uso a dignità di opera d’arte, attraverso accostamenti inediti e, nel farlo, anticipa la Pop Art. Quest’ultima, anziché l’oggetto usato e gettato, manipola l’oggetto consumistico, ingigantendolo o proponendolo in serie.

Prima di dar vita al movimento dadaista assieme a Duchamp e di dedicarsi alla fotografia, Man Ray (1890-1976), grande sperimentatore del XX, realizza le prime opere pittoriche, fra le quali in mostra un dipinto Senza Titolo (45×62,50 cm), dalle forme geometrizzanti e dai colori accesi, firmato a matita in basso a destra su Carta Arches (France) e proveniente dalla Galleria Il Fauno di Torino.

Del massimo rappresentante della Pop Art americana, Andy Warhol (1928-1987), Contemporanea Galleria permette di ammirare da vicino la serigrafia intitolata Ladies and Gentlemen II.130 (1975), parte di una provocatoria serie di 10 tele realizzate in edizione limitata di 125 esemplari – firmati e numerati in originale – commissionata dal collezionista Anselmino un anno prima.

Il soggetto, con lo sguardo sfrontato e diretto verso chi guarda, è dapprima fotografato con una polaroid ed in seguito dallo scatto è realizzata la serigrafia, completando il tutto con larghi tocchi di colore. Con questa serie l’artista prende le distanze dagli iconici ritratti dedicati alle celebrità, fotografando le drag queen al The Gilded Grape, il night club di New York sulla West 45th Street, e consentendo così l’ingresso nell’arte a figure che non ne hanno mai fatto parte e considerate a lungo ai margini, catturate in tutta la loro teatralità.

Restando sull’onda della Pop Art italiana ed europea, nel percorso espositivo incontriamo due Smalti e acrilico su tela (1990-96) di Schifano (1934-1998), artista e regista italiano ed anche il principale esponente della Scuola di Piazza del Popolo, movimento artistico nato a Roma negli anni ’60. Schifano si allontana dalle fredde immagini patinate di Warhol, dando all’atto creativo un accento più emotivo, ravvisabile nelle pennellate irregolari, testimoni della materialità del gesto pittorico.

Appartengono alla medesima scuola anche Giosetta Fioroni (1932), Valerio Adami (1935) e Tano Festa (1938-1988), dei quali la mostra presenta rispettivamente L’angelo custode (2003, 70×50 cm), Disegno (1970) e Tecnica mista su carta intelata (1962). L’opera della Fioroni è una tecnica mista su carta che rivela la sua caratteristica visionarietà, attraverso la quale esprime la sua infanzia, memore dei lavori di Klein, apprezzati negli anni parigini. Schizzi, macchie e campiture di colore si fanno così portatori di una narrazione e di un messaggio legato al ricordo e al substrato della memoria.

Adami inizialmente si esprime prediligendo un’arte astratta, in seguito accoglie la figurazione, ispirandosi alla Pop Art americana di Lichtenstein ed avvalendosi di stesure piatte entro contorni neri definiti.

La pittura di Festa è fatta di monocromatici ed isolati oggetti di uso quotidiano che in quanto dipinti, diventano pittura ed entrano nel mondo dell’arte, perdendo la loro funzione oggettuale. Questi oggetti – specchi, calendari, armadi, ciack e via dicendo – sono immobili, passivi, sempre uguali a sé stessi ed immuni ai segni del tempo che passa.

Al movimento della Scuola di Piazza del Popolo si avvicina anche Jannis Kounellis (1936-2017), importante esponente dell’Arte   Povera e del quale, presso la Galleria, si può osservare un disegno Senza Titolo (1990, 20×30 cm), realizzato con tecnica mista su carta (20×30 cm). Fautore di un’arte intesa come uscita dal quadro, in cui l’artista passa dalla rappresentazione alla presenza, nei suoi disegni si nasconde il substrato più intimo e profondo di sé, in un horror vacui di traiettorie confuse sulla superficie bianca.

Con Alberto Burri (1915-1995) ed Enrico Castellani (1930-2017) il processo creativo risponde alla necessità di esprimersi in maniera totalmente libera, fino ad intaccare la normale configurazione dell’oggetto e del supporto. Entrambi, tra gli anni ’40 e ’60, lavorano sul superamento del concetto di tela: il primo manipolando sacchi e plastiche, attraverso processi di combustione, tagli e cuciture; il secondo facendo uso di superfici estroflesse e introflesse. Esponente dell’informale materico, Burri dà un significato nuovo e poetico alla cosa banale e all’oggetto ritenuto uno scarto. Dei due artisti, la mostra accoglie Museo di Capodimonte (1978, 64,50×89,50 cm) opera appartenente alla Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello 1986, con tiratura e firma in basso a matita.

Superficie bianca, (58×44 cm) di Castellani, con tiratura e firma in basso a matita, un’opera che offre una partecipazione attiva, invitando lo spettatore ad indagare realtà intime mai esplorate, essendo, quelle dell’artista, opere portatrici di una notevole carica emotiva. Castellani sviluppa l’eredità di Lucio Fontana, trasformando la bidimensionalità della tela in uno spazio fisico e concettuale e negli anni ’60, assieme a Piero Manzoni, dà vita alla Galleria Azimut di Milano.

Anche la Dadamaino (1930-2004), pseudonimo di Edoarda Emilia Maino, entra in contatto con gli artisti del gruppo Azimuth. Osservabile in galleria è il suo Progetto per serigrafia (Inversione Cromatica) (1975, 30×30 cm), un acrilico su tela cartonata (30×30 cm), proveniente dall’Archivio Dadamaino, in cui nega il colore, optando per un bianco totale da cui scaturisce un ritmo dinamico.

Fra gli altri artisti presenti in Galleria incontriamo Raoul Dufy (1877 – 1953), Fortunato Depero (1892-1960), Massimo Campigli (1895 – 1971), Maria Lai (1919 – 2013), Arnaldo Pomodoro (1926), Dennis Oppenheim (1938 – 2011), Enzo cucchi (1949) e Haring Keith (1958-1990).

Questi solo alcuni dei nomi degli artisti le cui opere presenzieranno presso Contemporanea Galleria d’Arte di Foggia nella stagione autunnale. A completare la cospicua raccolta, non mancheranno opere di Galliani, Bay, Bonalumi, Ceroli, Dorazio, Haring, Guttuso, Mambor, Masson, Nespolo, Paolini, Sutherland e tanti altri.

Orari e giorni della mostra: lunedì – sabato  10.30-13.00 / 16.30-20.30

Per maggiori informazioni: artebenvenuto@gmail.com

Comunicato Stampa a cura della Dott.ssa Sara Maffei

 

 

Redazione

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