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Il Marrubio, nelle zone paludose della Daunia salvò in passato migliaia di persone

In  questi  giorni  di  riposo forzato e  necessario, si cerca di  dedicarsi  con più attenzione a  cose che siano diverse dalle martellanti notizie delle tv e dalle  beghe politiche, quale occasione migliore di  questa  per  rivedere con occhi diversi le proprie passioni. Io ho tra queste, quella delle piante medicinali

In questo periodo molto delicato per il  mondo e per l’uomo,con la minaccia di questo virus che attacca principalmente le vie respiratorie, una domanda mi è  venuta spontanea: come si difendevano i nostri  antenati  dall’attacco di  malattie epidemiche di questo tipo?

Loro avevano la Saggezza che noi non abbiamo più: la Fede, la Preghiera e la Conoscenza delle Tradizioni  che si  trasmettevano da padre in figlio.

La Fede e la Preghiera oggi quasi  messe da parte  erano  fondamentali  perché gli antichi conoscevano molto più di noi  la Sacre Scritture e si affidavano ciecamente all’Assoluto.

Memorabile il versetto dell’ Ecclesiaste, attribuito alla Sapienza di Salomone: “Il Signore fa produrre i rimedi dalla terra; l’uomo assennato non li disprezza” (Qoelet. 38-4).

Avevano a disposizione quindi  il Mondo Vegetale da cui  poi anche noi moderni attingiamo ancora.

A tale proposito ricordo  durante le mie ricerche, per masserie e casolari, di  erbe del territorio; interrogavo soprattutto le persone anziane sulle malattie e sul modo di combatterle.

In una di queste masserie,  in agro tra Manfredonia e Foggia  chiesi ad un a persona ultraottantenne  quali  erano i rimedi che a sua memoria, i suoi genitori  o i suoi nonni usavao nella cura delle malattie.

Dopo la Malva, la Camomilla, e altre,  ricordo benissimo che si alzò e mi face vedere  una pianticella a cespuglio che avevo  preso per Lamium dicendomi: “vedi questa pianta?   Si chiama Marrugg ( in dialetto)  e mi citò il detto: “‘u marrugg  ogn male strugg” (Il Marrubbio distrugge ogni male).

Aggiungeva che  veniva messa, la pianta, a macerare nel  vino ( ‘u vin d ‘ marrugg”)  e quindi somministrato in caso di febbri di ogni tipo, polmoniti, e soprattutto infezioni malariche e comunque malattie dell’apparato respiratorio.

E aggiungeva che questo  rimedio era noto  già molto prima dell’avvento del  chinino e della penicillina. Nota: era amarissimo: infatti il nome deriverebbe dall’ebraico mar (amaro) e rob (succo).

Facevo per questo una riflessione: il Marrubio cresce soprattutto nelle zone aride e comunque vicine alle zone paludose che sono origine delle febbri malariche.

Sappiamo inoltre che molte piante usate nella tradizione, sono tutt’ora oggetto di studio. Più modestamente  ho fatto una richerca bibliografica scientifica solo sui libri che ho e che amo.

Dalle nostre parti il Marrubio  è comunissimo e si  trova ai margini delle strade, i muri, i fossi, dal mare alla collina.

Io l’ho trovato nella zona Capparelli, lungo alcuni viali di Siponto, ai margini dellass.89, della Tangenziale, soprattutto  a ridosso della zona Artigiani, a S.Lucia,  nella zona di San Leonardo, ecc.

L’impiego farmacologico del  Marrubio  è soprattutto balsamico, già noto nell’antico  Egitto e confermato  di  recente da alcuni studiosi  di  indubbio valore: il Dott. H.Leclerc (1917-1919) segnalava l’efficacia della pianta  nelle affezioni bronchiali  primitive e secondarie  all’influenza  e l’azione fluidificante e disinfettante  delle secrezioni provocandone l’espettorazione.

Come antipiretico il Marrubio  fu usato con successo nelle febbri malariche  nel 1892da Thorel e Trabut e nel 1894 da Hannoun.

Nel1914 Garnier e Vannier impiegarono il succo fresco  del Marrubio  nelle febbri tifoidee, paratifoidee, ottenendo un’azione netta nella caduta della febbre, miglioramento dello stato  generale e una più  rapida risoluzione della malattia.

Il Marrubio fu usato prima ancora del chinino e in sua sostituzione i caso di  intolleranza a quel farmaco.

L’agente chimico fondamentale è una molecola a cui i ricercatori  hanno dato il ome di marrubina un vero e proprio antibiotico naturale.

In tempo di CV19, c’è da chiedersi una cosa. Come i nostri  nonni, abbiamo tutto: i Santi Protettori : S.Michele Arcangelo, la Madonna di Siponto, San Camillo del Lellis, San Leonardo,la Madonna Incoronata, dei Sette Vel, San Pio da Pietrelcinae altri a  cui rivolgerci con Fede e Preghiera…e abbiamo il Marrubio: non è lecito pensare che proprio qui potrebbe esserci  la  soluzione?

Aldo Caroleo Archeoclub di Siponto

Redazione

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