Le prime trebbiatrici in Capitanata

La prima macchina trebbiatrice in Capitanata apparve nel capoluogo nel 1700. Fu ideata e costruita dal foggiano Michele Schinco, che può essere addirittura considerato l’inventore della trebbiatrice in genere, perché visse ed esplicò la sua geniale attività in un’epoca in cui tale meccanismo in altre parti non era ancor conosciuto.
La descrizione della macchina era descritta in uno scritto di Giuseppe Rosati indirizzata il 25 settembre 1793 al Presidente della Regione Camera e Governatore della Regia Dogana di Foggia. E si interessò a questo il prof. Lo Re nel 1908. Michele Schinco nacque a Foggia l’8 settembre 1768 e a soli 25 anni, dopo studi ed esperimenti costruì la sua macchina. Fu di professione meccanico e si distinse a Foggia e in tutto il paese per il valore che attestava un senso scientifico ed una non comune genialità. Per queste doti divenne amico di Giuseppe Rosati, ricevendo anche la protezione del Re e fu nominato Palazziere Reale di Foggia.
La macchina ricevette il riconoscimento dalle autorità ed ottenne il brevetto. Furono molte le manifestazioni del suo ingegno della meccanica e dell’arte in genere però di esse non c’è traccia come non c’è traccia della trebbiatrice. Rimane di lui solo il segno tangibile della restaurazione del grande Crocifisso del “Frasa” in Cattedrale. Quest’opera per vetustà e per cattiva conservazione si andava deteriorando, quindi grazie allo Schinco che oggi se rimane all’ammirazione dei fedeli e degli intenditori d’arte.
Scopriamo la Capitanata del passato, partendo dalla sua agricoltura e dalle prime macchine trebbiatrici
Ritornando alla trebbiatrice viene riportato una parte della descrizione fatta dal Newton foggiano per avere una sommaria idea del meccanismo. La macchina fu messa in funzione in un campo a Foggia per esperimentarla alle autorità prima di ottenere il brevetto. L’esperimento durò dieci minuti e furono trebbiati dieci fascicoli di grano.
La vera introduzione della macchina a scopo agricolo ed industriale nel Tavoliere si deve alla società di Agricoltura con il decreto di Gioacchino Murat del 16 febbraio 1810. Questa macchina è citata nel volume quinto “ Su di una macchina trebbiatora” del Barone di Vergara (Sicila) e nel volume quarto “La trebbiatura e l’inutilità delle macchine finora inventate” di Giuseppe Rosati. Furono molte le macchine vendute dopo esperimenti agli agricoltori. Così si ebbe la diffusione di aratri, erpici, falciatrici, frantoi, torchi, insieme alle trebbiatrici inglesi, scozzesi, svizzere e siciliane.
Nel 1854 Simone Zingarelli di Cerignola chiese il brevetto di una macchina trebbiante e falciante, un’altra richiesta fu fatta da Graziano Staffa di Casal Trinità ideatore di una macchina solo trebbiatrice. Nel 1862 il fabbro Vincenzo Russo di Foggia presentò una trebbiatrice di sua creazione, l’esperimento fu condotto nel parco Comunale e riuscì molto soddisfacente ottenendo il brevetto dal Ministero dell’Interno.
Rimane alla memoria la macchina inventata dal foggiano Michele Stinco che se inventata fra gli Anglo-Sassoni avrebbe arricchito inventore e costruttore e anticipata di due secoli la trebbiatura meccanica con un grande beneficio dell’economia granaria.
A cura di Ettore Braglia