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La Villa Comunale di Foggia: i giardini fatti della materia di cui sono fatti i ricordi

Cancelli chiusi, recinti e sbarramenti, sono queste le cose che saltano all’occhio se si decide una mattina di luglio di entrare in quello che era il polmone verde di Foggia, la Villa Comunale (Parco Wojtyla).

I ricordi delle lunghe passeggiate gelato e palloncino alla mano, ci assalgono mentre girando la testa più volte cerchiamo invano quel che resta del nostro piccolo angolo di Paradiso, quando i giardini non erano un luogo di attrazione per vandali, ubriaconi e persone poco raccomandabili. Tuffiamoci nel passato per poter apprezzare quello che abbiamo davanti agli occhi ogni giorno e scaviamo nella memoria di uno dei simboli più importanti della nostra città.

Foggia agli inizi dell’800, segue la tendenza che vede i “giardini” non più come luoghi isolati e destinati solo alle classi benestanti, ma come luoghi di svago, destinati a tutta la cittadinanza. I giardini pubblici di Foggia, definiti dai foggiani, “Villa Comunale”, sono il parco urbano più grande del Sud Italia, dopo la Villa Floridiana di Napoli.

Vennero realizzati nel 1820, su modello della “Real Villa” di Napoli e creati su un’area di oltre 1000 metri di lunghezza e 50  di larghezza. Lo scopo principale era quello di risanare tutta quella zona malsana e trasformarla in un luogo dove famiglie, ragazzi e bambini potevano passare giornate all’insegna del divertimento e della tranquillità. La Villa venne realizzata su progetto degli ingegneri Luigi Oberty e Camillo de Tommaso, che le diedero un tono di eleganza e monumentalità, basti pensare al porticato, che con le sue colonne ricorda un rudere dell’antica Roma.

Vennero impiantate meravigliose fontane come la Fontana del “Mercurio”, la “Fontana delle Rane”, la “Fontana delle Palme”, ecc., fu creato un laghetto artificiale, sulla collinetta fu costruito un tempietto in stile ionico all’ingresso del boschetto, furono sistemati diversi monumenti, come quello a Giuseppe Rosati, Vincenzo Lanza il “principe dei medici”, Lorenzo Scillitani, Saverio Altamura, Francesco Ricciardi, e altri; sculture dedicate, in pratica, a personaggi foggiani che si sono distinti nel campo della cultura, della scienza e dell’eroismo bellico. Il giornalista Cesare Malpica, parlando della Villa, scriveva: «Avete una villa che può dirsi anche troppo vasta per voi».

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando non solo la Villa, ma tutta la città era stremata dai bombardamenti, l’autore foggiano Mauro Menduni scriveva: “Di fronte a tante incoraggianti prospettive, sentiamo il dovere di sostenere perché i Giardini pubblici di Foggia risorgano nella loro primitiva bellezza. Noi figli di questa martoriata Città, col più alto senso civico e spirito di abnegazione dobbiamo cooperare all’opera di ricostruzione che l’Amministrazione Comunale, con sforzi veramente ammirevoli, svolge in tutti i settori”.

Menduni aveva ragione, bisogna sostenere la propria città e riportarla alla sua primitiva bellezza, ma oggi chi la pensa ancora così? O meglio chi è disposto a rimboccarsi le maniche per dare una nuova vita a quella che era la seconda Villa Comunale più grande e bella del Sud Italia? Voltare pagina è una necessità, ma per farlo c’è bisogno dell’aiuto di tutti, perché Foggia è una città difficile e problematica, ma nello stesso tempo “nasconde” incredibili bellezze che sta a noi valorizzare.

Fonte: Manganofoggia.it 

Redazione

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