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“Qui la mafia ha perso”: anniversario dell’inaugurazione del murales dedicato a Francesco Marcone

“Otto anni fa veniva inaugurato il murales dedicato a Francesco Marcone. Sul tetto dell’edificio del bene confiscato alle mafie si legge a caratteri grandi “Qui la mafia ha perso”… La mafia perde ogni volta che la gente ne prende coscienza e non gira le spalle!

La mafia non è un problema solo degli organi di polizia, dell’antimafia, della magistratura, dell’apparato statale, ma è un problema di tutti. L’indifferenza dei cittadini sulle problematiche della mafia crea il terreno fertile per il proliferarsi dei poteri mafiosi”.

A scrivere è Paolo Marcone il figlio del direttore dell’Ufficio Registri di Foggia assassinato con due colpi di pistola alla nuca il 31 marzo 1995 nel portone della sua abitazione.

Otto anni fa a Cerignola, in contrada Toro (bene confiscato alla criminalità organizzata e gestito dalla cooperativa sociale ‘Pietra di Scarto’) venne inaugurato un grande e colorato murales dedicato a Marcone.

Ricordare Marcone è importante perchè la sua storia è quella della nostra città, la città di Foggia, triste teatro di illegalità, violenza, inganni e irregolarità.

Pochi giorni prima della sua uccisione, Marcone aveva depositato, presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Foggia, un esposto con cui denunciava il sistema e la rete di relazioni mafiose alla base di una certa imprenditoria spregiudicata.

Chi era Francesco Marcone

Medaglia d’oro al valore civile, padre di famiglia, attento e scrupoloso funzionario pubblico, Francesco Marcone, da molti definito l’Ambrosoli del Sud, è stato un intransigente direttore dell’Ufficio del registro di Foggia.

Il 31 marzo 1995, a soli 57 anni, poco dopo le 19 fu colpito da due fatali colpi di pistola alla nuca, mentre stava rientrando a casa dopo una faticosa giornata di lavoro.

Fu una vera e propria esecuzione che tolse la vita ad un uomo che aveva scelto di combattere la mafia, orribile ferita della nostra stupenda ma così amara terra.

Marcone, per le sue idee e la sua salda posizione, era considerato da molti un personaggio scomodo. Nell’ambiente della malavita foggiana, era un personaggio da eliminare, voleva vederci chiaro lì dove doveva regnare il buio.

Tra l’omertà generale, i funzionari pubblici corrotti e la criminalità organizzata foggiana, Marcone non era un eroe era un uomo comune, con le sue passioni e le sue debolezze, un foggiano che aveva deciso di non abbassare la testa e di combattere con coraggio e determinazione l’illegalità.

Francesco Marcone ripeteva sempre “Lo Stato siamo noi”, perché lo Stato per Marcone è ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, i suoi gesti, le sue denunce e i suoi silenzi.

A distanza di molti anni vogliamo ricordare un grande personaggio foggiano del quale, purtroppo, si parla sempre molto poco, un uomo che seguì la legalità fino alla fine, fino all’ultimo dei suoi giorni.

Vogliamo ricordare Marcone attraverso le tenere parole di suo figlio, Paolo Marcone, che in questa giornata così delicata ha voluto ricordare a suo modo il papà scomparso 25 anni fa, in quel lontano ma tremendamente vicino ’95.

“E siam giunti anche quest’anno al 31 marzo… 25 lunghissimi anni che non ci sei più papà… Manchi da così tanto, ormai, che anche pensarti fa uno strano effetto, sai?

Eppure manchi da morire, ogni ora di ogni giorno qualcosa di te se ne va, scivola un po’ più distante, alla deriva in un mare di tempo che sconti non ne fa a nessuno.

Manchi a me, manchi a Daniela, manchi a tuo nipote che non sei riuscito a conoscere, e manchi a molti altri. Che ne sarebbe stato, di me, se non fosse successo quel che ti è effettivamente successo? Come sarei, ora, se per dirti “ti voglio bene papà” non dovessi cercarti nella memoria ma fra i vivi?

Sarei diverso, tutto quanto sarebbe diverso. Perfino tu, babbo. Saresti più vecchio, più malandato perché avresti ottant’anni, forse inacidito dalla vecchiaia. Ma sai che c’è? Almeno saresti vivo. Cosa che non sei più e da un pezzo anche…

Non smetterò mai di ringraziarti per ciò che hai fatto per me e per noi figli, per averci lasciato la possibilità di restare liberi e di essere ciò che oggi siamo. Non smetterò mai di gridare “giustizia” e chiedere verità. Non smetterò mai di tramandare Memoria e di portarti sempre con me, ogni giorno…”.

Fonte: legalitaegiustizia.it

Redazione

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