Foggia e i suoi vecchi artigiani: “Mast Gabriele”, il ciabattino di Via Arpi

Foggia – A Foggia tanti vecchi mestieri, ormai scomparsi, sono ancora vivi nella memoria di molti. Oggi vi parliamo del ciabattino, colui che un tempo riparava le scarpe.
Prima le scarpe erano veri e propri tesori, non si buttavano via facilmente come oggi. Nel passato il ciabattino ricopriva un ruolo molto importante in città: era l’addetto alla riparazione delle calzature.
Moltissime persone possedevano solamente due paia di scarpe, uno invernale e l’altro estivo, pochi avevano un terzo paio che veniva utilizzato nelle grandi occasioni. Quando le scarpe di consumavano si portavano a riparare dal ciabattino.
Con Ettore Braglia, cultore di storia locale, abbiamo scavato nei ricordi della Foggia che fu, quella più umile di tanti anni fa in cui “Mast Gabriele” era conosciuto da tutti come “il ciabattino Via Arpi” ed era nella sua bottega che tutti i foggiani portavano a riparare le loro calzature.
Ecco il racconto di Ettore Braglia. Via Arpi, “il corso” della città del primo ‘800, civico 1: lì in un buco profondo non più di due metri e largo si e no un metro e mezzo, sullo sfondo, in ombra, come schiacciato contro la parete, sedeva da settantadue anni, “mast Gabriele” il più vecchio ciabattino di Foggia.
Gli occhiali a stanghetta gli scivolavano sulla punta del naso ed una vecchia scarpa stretta tra le ginocchia, mast Gabriele Di Mauro picchiava con il martello sulla suola, tirava con forza a due mani, un pezzo di spago nero di pece, e riprendeva a infilare i “semenzelle” i tipici chiodini dei calzolai. Mast Gabriele era nato a Foggia il 13 maggio 1885, figlio d’arte: il padre Mast Emanuele iniziò il mestiere all’età di sette anni e a dieci anni se la sapeva sbrigare già da solo.
Tornando a Gabriele che riaggiustando gli occhiali amava raccontare quando nel 1933 fece le scarpe al grande maestro Umberto Giordano che abitava alle spalle della bottega. Appassionato di lirica il nostro ciabattino andava spesso al teatro e quante volte di sera correva in bottega a risuolare le scarpe dei tanti tenori e delle molte primedonne, gli facevano tante feste e gli offrivano gratuitamente il biglietto e pagavano profumatamente.
Alle sei del mattino era già in bottega, sette ore di fila, poi a mangiare e subito dopo la pennichella, di corsa nuovamente in bottega fino alle nove di sera ed il sabato pure fino alle 22. Quanti chili di “semenzelle” avrà consumato in settantadueanni?
Il conto è presto fatto circa otto quintali e tirato 54 chilometri di spago tirandone due metri al giorno, le suole ne ha ribattute 120 quintali considerando che ne comprava dai 9 ai 10 chili al mese, il tutto da vero primato.
Beveva un litro e mezzo di vino ma di quello buono, diceva quello puro figlio di madre natura, non fumava perché aveva smesso in quanto il tabacco gli aveva rovinato lo stomaco. Mast Gabriele aveva l’abitudine di lustrare le scarpe appena consegnate, con il manico della camicia, intascava l’onorario e con un sorriso diceva: andiamo avanti con l’aiuto di San Crispino.
Tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno del 5 febbraio 1969