La ferrovia Foggia – Manfredonia è una linea pugliese a binario unico, non elettrificata, di importanza regionale. Da sempre rappresenta la tratta estiva dei foggiani che con l’arrivo della bella stagione si spostano dalla città alle spiagge del litorale di Manfredonia.
La Foggia-Manfredonia venne inaugurata il 12 luglio 1885, come diramazione dalla linea Adriatica, subito dopo la stazione di Foggia, in modo tale da unire l’entroterra pugliese con il mare Adriatico e favorire lo scambio di merci con il porto di Manfredonia, anche se il progetto originario prevedeva che la linea attraversasse tutto il Gargano.
All’inizio degli anni trenta importanti cambiamenti interessarono la linea: la stazione di Manfredonia sorgeva nella periferia della città e per ottenere un miglior collegamento la linea venne prolungata al centro di Manfredonia con una stazione terminale, costituita da un solo binario con marciapiedi, chiamata Manfredonia Città, mentre l’altra fu denominata Manfredonia Campagna.
La stazione di Manfredonia per tantissimi foggiani, da sempre, rappresenta il biglietto da visita per il mare Adriatico, in fondo è questa la prima località garganica che si raggiunge venendo da Foggia. Molti foggiani, però, preferiscono fermarsi prima e scendere a Siponto, altra località molto frequentata in estate. Riviviamo con Ettore Braglia una bellissima pagina di ricordi spensierati di quando eravamo piccoli, della nostra gioventù fatta di cabine, cannolicchi, nuovi amori, ghiaccioli al limone e ombrelloni colorati, quando per essere felici ci bastava un treno.
Gli ingredienti di una giornata di mare, il treno, poi la cabina e una frittata, il ricordo dell’estate passata a Siponto. Era la spiaggia dei nostri sogni, dove sotto gli occhi vigili dei genitori, e tutti gli anni, dopo la scuola, era d’obbligo quindici giorni. Nascevano nuove amicizie e nuovi amori, la mia famiglia prendeva in affitto il casotto allo stabilimento Sevi, l’ombrellone e le sedie a sdraio di tela a righe colorate le portavamo da casa.
Ci giungeva nel letto il
profumo delle frittate, di pasta al sugo che mia madre era già in piedi
di buon’ora per prepararle e che dovevamo portarci a Siponto con la
frutta e le uova fresche per il dopo bagno. Dopo, tutti in strada per il
treno delle otto. Si lottava per i posti a sedere vicino ai nostri
amici, eravamo stretti e pigiati come sardine su quelle panche di legno.
Una chitarra, una voce che iniziava subito canti, scherzi ed
allegria. Siamo cresciuti su quel treno per Siponto, anno dopo anno.
Eravamo felici. Dal finestrino non ci si affacciava, la locomotiva a
vapore ci regalava spesso carboncini negli occhi, quella diventava una
giornata amara e di lacrime. Le fermate dl treno erano tante, Amendola,
Tortorella, Candelaro, il treno restava fermo qualche minuto in più,
allora tutti si precipitavano giù dal treno con una bottiglia in mano a
riempire l’acqua alla fontana a pompa e poi Frattarolo, Siponto,
Manfredonia, ad Amendola c’erano i soliti venditori con cesti pieni di
‘ostachiene e cancèlle’, ostie ripiene di mandorle e scaldatelli a forma
di cancellate.
A Siponto scendeva una fiumana di gente che
s’incanalava verso il mare, si faceva il viale che portava a piazza
Daino e successivamente alla pineta dove ognuno si dirigeva nel Lido o
spiaggia libera che sceglieva, ai lati i venditori di fichi d’india
c’invitavano all’acquisto: “Amà tagghià?”.
L’intera giornata
sotto il sole a giocare con gli amici, a fare il bagno, a mangiare e
spesso, intorno alle 10.00 si faceva colazione con i cannolicchi e la
Peroni che erano portati e venduti sulla spiaggia da gente di Margherita
di Savoia. Per pranzo ci trasferivamo in pineta, gustavamo insieme i
panini farciti con la frittata che ci avevano preparato le nostre mamme e
subito dopo qualcuno che nel frattempo aveva gonfiato il proprio
materassino, ne approfittava per tentare, solo tentare, di fare una
pennichella pomeridiana, mentre subito dopo ci si scatenava a giocare a
pallone cercando un’area della pineta che non avesse tanti alberi che
ovviamente avrebbero creato intralcio, in attesa poi di riprendere il
treno del ritorno alle sedici.
Di fronte alla stazione di
Siponto c’era un chioschetto che, a quell’ora e dopo una giornata così
intensa, rappresentava una vera oasi nel deserto; con i pochi spiccioli
che avevamo in tasca riuscivamo a prenderci un gelato o una bibita
fresca e quel momento, per quanto semplice, resterà uno dei momenti che
si ricorda ancora con particolare entusiasmo perchè di fatto concludeva
una giornata vissuta bene con i compagni giusti.
Giunti a Foggia si
attraversava il sottopassaggio battendo gli zoccoli a terra a più non
posso, mentre nel centro cittadino era già iniziato il passeggio. Le
spalle arrostite dal sole iniziavano a bruciare.
La prima notte non si dormiva, si tentava di alleviare il bruciore con impacchi di alcool, da adulto capii che era meglio non farli. Non so bene il perché, ma quel tipo di vacanza era quanto da noi desiderato. Ci sembrava di avere tutto, ma avevamo poco rispetto ai ragazzi di oggi. Il fatto è che i nostri genitori ci avevano insegnato quel prezioso segreto che è l’accontentarsi.