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Covid-19, il racconto del nipote della vittima: “Qui non siamo pronti per l’emergenza”

“Se dovesse esplodere il virus come in Lombardia non ce la faremmo, non abbiamo la mentalità per reagire e le nostre strutture sono già in difficoltà”. Quella di Alessandro, familiare di una delle vittime di Coronavirus, “non è un’accusa di negligenza” ma un grido di dolore e un’amara constatazione. Sua nonna, 75 anni, è stata una delle 29 persone decedute in Capitanata, il 26 marzo scorso, a causa del Coronavirus. Il racconto che il giovane fa trapelare è agghiacciante. “Non sappiamo nulla di cosa è successo, non sappiamo se mia nonna è morta da sola, cosa ha voluto dire prima di spegnersi”. 

Nel mezzo, una fotografia della sanità della provincia di Foggia che sembra non avere i mezzi per contrastare il CoVid-19. “Mia nonna paradossalmente ha contratto il virus nell’ospedale di Cerignola un mese fa. La Asl ci ha promesso dei tamponi per tutti i familiari più esposti, ma i tamponi non sono mai stati fatti. Mia nonna si aggrava dunque in casa e viene portata al pronto soccorso, dove non abbiamo saputo più notizie per un giorno intero”. 

A quel punto la signora viene trasportata a San Giovanni Rotondo, direzione Casa Sollievo della Sofferenza. “Il giorno successivo ci dicono che se la stava cavando, ma per un paio di giorni non abbiamo avuto più notizie fino a quando il 26 marzo muore. Solo il 27 marzo ci comunicano il decesso e ci dicono semplicemente: ‘Ci dispiace ma la signora è morta ieri’. Nient’altro”. 

“Non parlo di negligenza dei dottori o di cose negative. Capisco che la situazione è nuova anche per loro, come per tutti, però posso comprendere la Lombardia, dove c’è affollamento e gli ospedali sono al collasso, ma da noi non c’è quella situazione e già siamo in affanno”, rimarca Alessandro. 

Nel frattempo anche la zia, figlia della vittima, si trova in ospedale affetta da Coronavirus: “E’ a San Giovanni e per vedere l’ombra di un dottore deve pregare. Al momento sta aspettando risposte di un tampone per capire se  è guarita e non era stata avvisata della morte di sua madre”, riferisce il familiare. 

“Vedo gente che se ne infischia, vanno in giro come se nulla fosse. Capisco che fino a quando il virus non bussa dietro la nostra porta uno si senta immune, ma speriamo che non succeda la situazione della Lombardia. Perché qui non abbiamo la mentalità per reagire. Non esiste niente per combattere il virus, ma almeno dobbiamo cercare di contenerlo”.  

Michele Cirulli 

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