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Clemente De Caesaris, il patriota e poeta italiano confinato a Bovino

Bovino – “…a Bovino, tra le altre cose strane, cacciamo il vento al suon delle campane”. E qui suonano davvero intensamente, tant’è che il Clemente De Caesaris, patriota al confino lascia intendere con la poesia quanto il Favonio, vento che soffia al pari della Bora triestina, potesse esser scacciato dal suono delle campane della Cattedrale di San Marco.

In realtà venivano fatte suonare per allertare le persone affinchè accorressero a ripararsi in chiesa, a pregare, perchè la tempesta durasse poco. Ma nel borgo medievale arroccato attorno al suo castello, la leggenda lascia ampiamente spazio alla magia divinatoria del suono delle campane capace di placare la forza del vento.

Chi è Clemente De Caesaris? Cosa c’entra con Bovino?

Clemente De Caesaris nacque a Penne, in provincia di Pescara, il 23 agosto 1810 da una famiglia di partigiani e patrioti. Studiò nel seminario di Penne e poi in quello di Chieti. 

Ben presto il De Caesaris prese parte ai moti risorgimentali, di cui fu personaggio di rilievo operando sul piano politico e su quello militare. La sua azione fu diretta a diffondere gli ideali di unità e libertà, a suscitare il favore per i piemontesi e a contrastare la reazione borbonica.

Nel 1838 venne arrestato per aver partecipato alla rivolta pennese del 1837. In attesa del processo fu detenuto nelle carceri di Teramo, dove scrisse la sua prima poesia, Il Prigioniero alla luna, e dove dedicò il suo tempo alla composizione di poesie e versi contro il regime borbonico.

Lì scrisse anche, in occasione del processo, la sua Autodifesa che purtroppo è andata persa. Accertata la sua innocenza, De Caesaris venne mandato in esilio a Chieti dove rimase fino al 1840, quando si trasferì a Napoli. Qui pubblicò un volume intitolato Pochi versi, contenente ventinove liriche, dedicato al padre e recensito dal critico Raffaele D’Ortensio.  Prese parte ai moti del 1848, in particolare dopo la concessione della costituzione da parte del re Ferdinando II.

Tornò un periodo a Penne in qualità di presidente della nuova Guardia Nazionale e disarmò la Gendarmeria Reale che non aveva più ragione di esistere. Si spostò quindi a Roma dove in un primo momento si adoperò per difendere la costituzione ed in seguito, dopo la revoca di questa da parte del re, prese parte alla rivolta scoppiata il 15 maggio e partecipò alle barricate a Largo Carità.

Riuscì a salvarsi grazie alla fuga. L’anno successivo venne arrestato e processato dalla Gran Corte Speciale di Teramo per attacco alla Gendarmeria Reale, provocazione, detenzione di armi e partecipazione ai moto rivoluzionari. Per questi reati venne condannato ad 8 anni di ferri, di cui trascorse un anno nel carcere di Teramo e il resto al Bagno di Pescara. 

In carcere scrisse una seconda Autodifesa, anche questa andata perduta ed una seconda raccolta di poesie dedicata Agli amici ed ai compagni.  Durante gli anni di carcere, e precisamente nel 1853, De Caesaris venne accusato di cospirazione con l’intento di sovvertire la truppa ed appoggiare il generale francese Luciano Murat, al fine di riproclamare la costituzione del 1848. 

Subì un terzo processo durato tre anni e conclusosi con l’assoluzione il 20 febbraio 1856. In quest’occasione scrisse la sua terza autodifesa, giunta sino a noi col titolo Difesa dinanzi la commissione militare di Pescara. Venne trasferito nel carcere di Foggia e poi in quello di Brindisi e di Nisida. 

In questi anni scrisse Epistola al popolo ed un’altra epistola intitolata Le parole di un cittadino a Luciano Murat, in cui esprimeva l’idea di conciliare l’ideale repubblicano e quello monarchico. Del 1857 è la terza raccolta di poesie, Alla gioventù italiana. Del 1858 la quarta raccolta intitolata Sei Liriche. Nel marzo 1859, scontata la condanna a otto anni di reclusione, fu inviato a Bovino (FG) a domicilio forzoso. 

La prima composizione di questo periodo fu Inno al Piacere in cui De Caesaris celebra il ritorno all’aria libera e aperta dei campi. Nel maggio 1860 completò la sua ultima raccolta di liriche dal titolo Un confronto dall’esilio, che contiene nove poesie scritte nel periodo di Bovino e che pubblicherà un anno dopo insieme al suo ultimo scritto che è il saggio Miei ricordi in Bovino, scritto il 1° ottobre 1859.  A Bovino rimase fino al giugno 1860 quando venne promulgata la costituzione ed egli poté tornare a Penne.

Subito, per incarico di un rappresentante del re di Sardegna, ottenne l’incarico a governare l’Abruzzo, in qualità di prodittatore provvisorio. Il 16 settembre 1860 arrivò a prendere il forte borbonico di Pescara, corrompendo con l’oro i duemila soldati che lo presidiavano. In questo modo aprì la strada a Vittorio Emanuele II nel Regno delle Due Sicilie. 

La sua poco chiara posizione politica nella scelta tra monarchia e repubblica fece sì che venisse rimosso dall’incarico.  Clemente De Caesaris fu repubblicano di spirito e monarchico per necessità. Come molti altri patrioti era convinto che l’unificazione potesse avvenire solo attraverso il sostegno del re sabaudo, che aveva la funzione di eliminare gli altri sovrani italiani. 

Dopo l’unità d’Italia, nel 1861, si candidò nel collegio di Penne e venne eletto deputato nel primo Parlamento italiano, ma si dimise poco dopo per dissensi col Governo.  Da quel momento si dedicò all’attività di conciatore di pelli e inventò un nuovo sistema di concia della pelle che finì per brevettare. Nel 1865 si spostò a Londra per vendere il suo brevetto e qui fondò una Società di Cuoiami.

Poiché gli affari non andavano bene, nel 1866 tornò in Italia, fermandosi prima al Nord per questioni economiche per poi tornare a Penne nel 1867.  Si aprì un periodo di grandi difficoltà materiali ed economiche. In particolare gli ultimi due anni della sua vita li trascorse in una stanza del Convento del Carmine concessagli dal comune.  Morì il 28 novembre 1877.

A cura di Michele Grande



Redazione

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