“L’altra possibilità”: storie di speranza in mostra alla Fondazione Banca del Monte di Foggia
Quando parliamo del carcere tendiamo a ridurlo ad un luogo freddo e buio con dentro uomini e donne, che vivono in spazi circoscritti e claustrofobici, in cui il tempo è sospeso e scandito terribilmente al punto di annullarsi totalmente. Ma il carcere non è solo questo. Se non ci dimenticassimo che ogni detenuto è un uomo, carico di emozioni, affetti, rimpianti, pronto a ritornare nella società con la voglia di cambiare, di lasciarsi alle spalle gli errori commessi e di riabbracciare una madre, una moglie o una figlia, il carcere diventerebbe un teatro di sentimenti e storie ricche di umanità.
La Fondazione Banca del Monte di Foggia affianca già da diversi anni l’U.E.P.E, il Carcere, il CSV Foggia e altre associazioni di volontariato che operano nel mondo penitenziario della Capitanata, per cercare di realizzare l’articolo 27 della Costituzione, che mira alla rieducazione del condannato e all’offrirgli un’altra possibilità, così come è intitolata la mostra fotografica di Giovanni Rinaldi, il quale ha voluto cogliere i momenti “invisibili” di chi vive in questo microcosmo, immortalando le espressioni dei visi e gli affetti “incarcerati”.
Attraverso le foto di Rinaldi e le interviste di Annalisa Graziano, conosciamo le storie di chi ha speranza, perché in questi casi la speranza è l’unica forza che permette di vivere quando ci si sente morti dentro, è un’ancora di salvezza. In una società dove pochi sanno ascoltare e andare oltre il reato, per un uomo che si sente emarginato e solo, il linguaggio dell’ascolto ha lo stesso valore del cibo, è vitale. L’uomo, qualunque uomo, è persona, il detenuto è persona, nella sua unicità e con la sua storia. Conosciamo così, attraverso gli scatti, Antonio il bibliotecario che scrive “pietà” con tre “t”, Savino appassionato di modellismo e letteratura, Nazareno addetto alla lavanderia, esperto del “lava-asciuga”, Nicola il “personal trainer”, Lorenzo che scrive poesie, il barbiere Sergio, Pietro Paolo e Fabio che sono tornati a studiare per prendere la terza media, il giardiniere Giuseppe che ama la natura e racconta: «Il primo errore l’ho commesso tanti anni fa, per guadagnare in pochi minuti 20mila lire, lo stipendio di una settimana di lavoro. Da allora è stato tutto più difficile. Quando ci sono i bambini ed entri in difficoltà, perché non puoi comprare nemmeno un paio di scarpe, fa male e puoi sbagliare ancora. Difficile uscirne, per chi ha un passato tra le sbarre, perché trovare un lavoro diventa quasi impossibile», e tanti altri.
Dare un’altra possibilità è il messaggio di questo progetto, domandarci e domandare a queste persone cosa possono fare insieme a noi per cambiare, per migliorare e per uscire a fine pena con nuove prospettive, sicuramente positive. Perché la vita non è solo spaccio, estorsioni e rapine. La vita è altro.
La mostra rimarrà aperta fino al 29 aprile 2016, dal lunedì al sabato, dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 17:00 alle 20:00.