Storie di successo

Alla scoperta del cyberspazio

Torna la nostra rubrica che vuole celebrare le eccellenze “made in Foggia”. Oggi abbiamo conosciuto e parlato con Stefano Mele, Avvocato specializzato in Diritto delle Tecnologie, Privacy, Cybersecurity e Intelligence.

Quali benefici produce, oggi, il mondo virtuale?

Internet ha completamente rivoluzionato non solo la quantità, ma anche la qualità dei dati a cui noi possiamo accedere giornalmente. Abbiamo digitalizzato, infatti, tutte le informazioni che produciamo. Questo non significa soltanto trasformare i nostri documenti dal cartaceo al mondo digitale. Oggi è digitalizzata qualsiasi informazione, come, ad esempio, la nostra voce all’interno di una telefonata, la nostra posizione geografica perché abbiamo un GPS nel cellulare che la monitora costantemente, oppure la nostra vita e le nostre relazioni sociali attraverso i social network. Così come sono digitalizzate la maggior parte delle informazioni all’interno di archivi, biblioteche, persino le opere d’arte. Internet ci ha interconnesso a livello globale rendendo disponibili e catalogando tutto questo genere di informazioni. Sicuramente, quindi, i benefici sono stati enormi. Se pensiamo che in realtà ci troviamo di fronte ad una tecnologia molto giovane che almeno in Italia ha poco più di trent’anni, perché introdotta nell’agosto del 1995, appare evidente come questa abbia completamente rivoluzionato qualsiasi aspetto della nostra vita sociale. Basti pensare che oggi tutte le nostre infrastrutture critiche nazionali, per intenderci tutti i sistemi informatici che gestiscono l’erogazione dei servizi essenziali per i cittadini come l’erogazione dell’energia elettrica, le comunicazioni, i trasporti, il sistema finanziario e bancario, sono regolate e gestite da computer e spesso sono anche interconnesse tra loro attraverso la rete Internet. C’è stata una vera e propria rivoluzione e i benefici sono assolutamente enormi e visibili a tutti.

Quali, invece, i rischi soprattutto pensando alle giovani generazioni?

Notevoli sono anche i rischi che Internet e le nuove tecnologie hanno portato nella vita di tutti i giorni. Fondamentalmente la maggior parte discendono dalla criminalità informatica, quindi da attività che nella maggior parte dei casi hanno come obiettivo quello di ottenere un guadagno economico dall’attività criminosa. Tuttavia, l’entrata in questo tipo di scenario dei governi, delle loro agenzie di intelligence e dei comandi militari ha fatto sì che Internet sia oggigiorno anche il mezzo per condurre quelle attività che da sempre sono ad appannaggio di agenti segreti e forze armate, ovvero lo spionaggio e le attività di difesa della nazione da possibili conflitti. Oggi, quindi, essendoci Internet e le tecnologie alla base di tutti i settori economici di una nazione, è chiaro che le agenzie di intelligence approfittino di questa condizione per svolgere attività di spionaggio anche attraverso queste tecnologie, così come è ovvio che le forze armate si preparino alla difesa della nazione predisponendo le capacità difensive anche da attacchi provenienti dalla Rete. Quindi Internet ha semplicemente facilitato lo sfruttamento di finestre di opportunità (politiche, criminali, spionistiche e di conflitto armato) già presenti all’interno della nostra società. È chiaro, però, come il principale vantaggio in mano a questi soggetti risieda ancor oggi da una scarsissima cultura dei cittadini rispetto a queste dinamiche e alla sicurezza informatica in genere.

A Foggia ci sono stati una serie di arresti di presunti jihadisti. Che contributo dà la Rete al terrorismo?

Da una parte abbiamo la propaganda terroristica, che vuole cercare di farci credere che il sedicente Stato Islamico sia capace di svolgere attacchi informatici di alto profilo contro le infrastrutture critiche di uno Stato o contro gli interessi economici e sociali di ogni Paese. Questa è un’enorme falsità, almeno per chi studia seriamente questo genere di fenomeni. Fondamentalmente i gruppi terroristici sfruttano Internet e le nuove tecnologie per raggiungere due scopi: il primo è quello di comunicare in maniera sicura. Sempre di più, infatti, questi soggetti hanno necessità di parlarsi senza incontrarsi, collaborare scambiandosi informazioni, così come accordarsi e coordinarsi per eventuali attacchi terroristici. Lo fanno adoperando le applicazioni che noi utilizziamo giornalmente, come ad esempio Telegram o Signal, perché garantiscono un livello di sicurezza molto elevato. Anche qui la propaganda dello Stato Islamico ci ha fatto credere che questi soggetti siano capaci di sviluppare delle applicazioni per cellulari più sicure di quelle “normali” utilizzate da tutti noi, grazie allo sviluppo interno al gruppo terroristico di standard di sicurezza maggiori rispetto alle applicazioni comuni. Ovviamente, anche questa è solo propaganda e quelle poche applicazioni per cellulari che possiamo trovare oggi su Internet hanno livelli di sicurezza a dir poco amatoriali. Un secondo obiettivo, che caratterizza soprattutto lo Stato Islamico e rappresenta un’assoluta novità rispetto al metodo di comunicazione di Al-Qaida, è quello di utilizzare in maniera eccellente Internet per scopi di propaganda, proselitismo, reclutamento e prima fase di indottrinamento. Sotto questo punto di vista, lo Stato Islamico ha raggiunto livelli imparagonabili rispetto ad Al-Qaida. Infatti, seppure l’evoluzione tecnologica e la facilità di utilizzo dei programmi di editing video abbia indubbiamente facilitato questo risultato, anche solo paragonando la comunicazione di Al-Qaida a quella dell’ISIS si percepisce subito l’enorme salto di qualità sul piano evocativo e di fascinazione raggiunto da quest’ultimo. Un’abilità, questa, garantita soprattutto dalla capacità degli appartenenti al gruppo terroristico di maneggiare le tecnologie, che – lo si deve puntualizzare in maniera chiara – sono giovani di seconda o addirittura di terza generazione, quindi cittadini europei a tutti gli effetti. Lo Stato Islamico, quindi, almeno da questo punto di vista, rappresenta allo stato attuale la punta di diamante dei gruppi terroristici nelle strategie di comunicazione e nella capacità di fascinazione dei suoi futuri combattenti o martiri. Basti pensare che Dābiq, il magazine ufficiale dell’ISIS, viene ormai tradotto in tutte le lingue ove siano presenti delle sacche di soggetti vicini alle ideologie dell’Islam radicale, Italia compresa. Sul piano degli attentati, infine, la propaganda online ha ripreso con più forza di prima a puntare il dito verso alcune capitali europee. Infatti, adesso che lo Stato Islamico è stato sconfitto sui suoi territori, non bisogna credere che il problema sia cessato. Anzi, proprio da questo momento in poi dev’essere innalzato ancor di più il livello di allerta verso possibili attentati. Infatti, chi si è recato sui “territori occupati” per combattere e supportare questa forma folle e completamente distorta della religione islamica cercherà – da cittadino europeo – di rientrare sui nostri territori. Il rischio attuale per l’Europa, quindi, è che gli attentanti possano riprendere e crescere soprattutto in quantità. Fortunatamente non in qualità. Occorre porre grande attenzione a questa ulteriore evoluzione della minaccia e soprattutto monitorare gli spostamenti e i rientri di questi soggetti, che, sapendo di essere individuati e pedinati, quasi certamente cercheranno di rientrare in Paesi europei differenti da quelli di origine. Questa attività, ovviamente, deve passare anche – ma non solo – attraverso il controllo della propaganda online e soprattutto delle comunicazioni.

Veniamo al problema del cyberbullismo, come si può combattere questo fenomeno?

Il bullismo non nasce su Internet o per colpa di Internet. È un’attività che è sempre esistita. È chiaro, però, che Internet purtroppo svolge il ruolo di cassa di risonanza e soprattutto di memoria praticamente indelebile di queste attività. A mio avviso, la prima attività che occorre porre in essere è quella di sensibilizzazione e di vera e propria cultura nei confronti dei giovani e dei giovanissimi verso questo fenomeno. Devono comprendere, infatti, quanto siano moralmente spregevoli questo genere di comportamenti – senza se e senza ma – a maggior ragione se compiuti nei confronti di ragazzi disabili, disagiati o anche semplicemente caratterialmente più deboli. Sicuramente una strada che bisogna percorrere è quella di andare nelle scuole per parlare e far comprendere fino alla nausea la drammaticità di questo fenomeno. Sotto questo punto di vista, peraltro, davvero encomiabile è lo sforzo e l’impegno della Polizia Postale anche sotto il punto di vista dello sviluppo di questo genere di cultura nei giovani. La seconda attività da mettere in campo è quella volta a sensibilizzare i genitori, perché capiscano come affrontare questo problema e lo sappiano soprattutto riconoscere, intercettando i segnali di eventuali disagi del minore. Contestualmente, infine, occorre vigilanza e prontezza anche da parte degli insegnanti. Sono loro, infatti, che possono cogliere meglio le dinamiche di gruppo dei giovani/studenti lontani dal controllo genitoriale. Devono imparare a capire e vigilare su questi fenomeni ed evitare di bollarli come semplici scherzi tra ragazzi.

Cosa rappresenta per Lei Foggia?

Foggia rappresenta la città dove sono nato e cresciuto. Dove ho studiato (prima al Liceo Classico Lanza, poi alla facoltà di Giurisprudenza) e dove ho conseguito il mio dottorato di ricerca. Rappresenta quindi tutta la prima parte della mia vita, i miei primi 27 anni. A Foggia c’è la mia famiglia e la maggior parte dei miei amici. Sicuramente è la città che porto nel cuore e in cui purtroppo non posso più vivere, ma semplicemente per questioni lavorative. Il mio lavoro, infatti, almeno in Italia, purtroppo può essere fatto ad alto livello solo in un’unica città, cioè Milano. Foggia, però, è sempre nel mio cuore. Infatti, nonostante i miei numerosi viaggi di lavoro in giro per il mondo, è la città in cui amo tornare più spesso e volentieri, quando posso.

Valerio Palmieri

Giornalista praticante, laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Foggia. Laureato in Filologia moderna con 110 e lode. Da sempre sono appassionato di scrittura e, dopo varie collaborazioni, da gennaio 2017 sono redattore di Foggia Reporter. Mi occupo principalmente di politica, eventi religiosi e interviste. Sono convinto che la comunicazione digitale sia lo strumento più efficace per attuare quella rivoluzione culturale che tanto bene può fare al nostro territorio locale e nazionale.

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