Le Guide di Foggia Reporter: San Severo

San Severo – Passando in treno o in macchina tra le dolci colline su cui si stagliano Gargano ed Appennino Daunio, compare ad un certo punto la pianura di San Severo. Si varca la porta più antica del Tavoliere delle Puglie, l’ingresso del tacco dello stivale. Distese di grano e vasi sanseveresi, capovolti in giugno a ridosso di ulivi secolari, disegnano lo scenario rurale di una terra fertile, non solo per le colture, ma soprattutto per la sua disposizione strategica. Un luogo prezioso, per secoli ambito da  varie etnie in cerca di affermazione e colonizzazione, seppur le pratiche mercantili e le tradizioni agricole di questa cittadina abbiano attivamente influenzato  il commercio delle genti straniere più ricche.

Agro di San Severo

Secondo una leggenda rinascimentale, San Severo fu fondata dall’eroe greco Diomede con il nome di Casteldrione. Una visita al MAT, il Museo dell’Alto Tavoliere,permetterà di vedere rari reperti e testimonianze derivanti dagli insediamenti neolitici e bizantini. Un complesso monumentale che annovera a San Severo il titolo di Città d’Arte.
Qui, il Medioevo non ha lasciato gran traccia di sé, a differenza nel resto della Capitanata, ma dall’alto, l’antico borgo, presenta un agglomerato architettonico molto particolare: un centro storico strutturato su tre assi disposti ad ellissi concentriche, ben connesse tra loro. Una costruzione ragionata per la vicinanza della Via Sacra Longobardorum che non lascia affatto pensare che sia stato un luogo fedele al paganesimo fino al 536 d.C. Nemmeno il suo nome!

La Chiesa barocca del Santo Severo

I suoi abitanti, brulicanti e attivi con il contatto esterno e straniero, non permisero mai a nessuno di esser soggiogati, tanto meno dal dominio ecclesiastico dei monaci benedettini e da Federico II. Le mura di Porta Mercato simboleggiano la ribellione, la voglia di libertà ed espressione dei sanseverini. Una rivolta costante nei tempi, che ha permesso di mantenere viva l’economia del paese a tal punto da raggiungerne l’apice soprattutto in età barocca, periodo in cui il mercato del dazio per le greggi provenienti dall’Abruzzo si fece sempre più fitto.
Il fascino delle sue chiese e dei monumenti, dettati dal colore rossastro, forse non è dovuta alla terra, bensì al vino, l’oro rosso di San Severo che, come per l’oliva peranzana, ne detiene il primato pugliese per qualità ed originalità nelle tecniche di produzione. del vino, dell’olio e del grano. La città dei transiti e dei passaggi che ha difeso e protetto la sua terra pugliese dalla notte dei tempi.

Centro storico di San Severo – Ph. Credit: Paesi On Line

La sua conversione al Cristianesimo si deve solo a San Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto, che impose così agli abitanti del luogo la conversione alla religione cristiana così come fece proprio con San Severo, Governatore romano da lui convertito.
Nonostante tale imposizione religiosa, San Severo ha sempre manifestato un mix contaminazioni culturali. Entrando in città, infatti, oltre al monumento del vecchio contadino con la zappa, colpisce subito l’imponenza degli altissimi campanili bizantini.
I suoi floridi commerci, ambiti da mercanti veneti, saraceni, ebrei e fiorentini, resero San Severo il fiore all’occhiello del Mezzogiorno. In fondo, il mare non è poi così distante!

La zuppetta, piatto delle feste – Ph. Credit: Luca Maresca

Un luogo, che con una storia agricola radicata nei principi Di Sangro e nel forte credo mariano della Festa del Soccorso, sprigiona l’eco del legame con il territorio tramite a zuppëttë, un piatto che rappresenta e difende l’eccellenza made in Puglia.

Fonte: Tota, D., “A spasso per San Severo. Impariamo a conoscere ed amare la nostra città con la guida scritta dal maestro Tota”, Esseditrice, 2011.
Orsi, D., “C’era una volta: San Severo”, Gerni, 2004.
Russi, A., “San Severo fra storia e memoria”, Scienze e lettere, 2015.

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