FOGGIA – A due anni dalla sua nomina ad Arcivescovo Metropolita di Foggia-Bovino da parte di Papa Francesco, mons. Giorgio Ferretti continua a segnare con il suo stile pastorale il cammino della Chiesa di Capitanata. Era il novembre 2023 quando il Pontefice gli affidò una diocesi complessa, ferita da sfide sociali profonde, ma ricca di energie vive e di un desiderio diffuso di rinascita. In questi ventiquattro mesi, mons. Ferretti ha lavorato proprio su questo: ricostruire fiducia, ricucire rapporti, rimettere al centro il Vangelo nell’incontro quotidiano con le persone.
Uno dei tratti distintivi del suo episcopato è stato l’ascolto. Quartieri periferici, realtà giovanili, parrocchie, associazioni, comunità migranti: l’Arcivescovo ha scelto di attraversare il territorio senza filtri, incontrando le persone là dove vivono, lavorano e spesso soffrono. Una presenza discreta ma costante, che ha contribuito a ricreare un clima di apertura e dialogo.
Particolare attenzione è stata riservata ai percorsi di integrazione, un tema urgente per la città di Foggia. Emblematica, in questo senso, l’introduzione della Messa domenicale in lingua inglese nella parrocchia di Santa Maria della Croce, nel quartiere ferrovia: un gesto concreto per accogliere chi arriva da altri Paesi e rendere la Chiesa un luogo realmente inclusivo.
Sul fronte interno, mons. Ferretti ha promosso trasparenza amministrativa, riorganizzazione pastorale e una gestione più ordinata delle parrocchie, nel solco indicato da Papa Francesco. L’obiettivo dichiarato è costruire una Chiesa più credibile, vicina alle persone e capace di testimoniare con coerenza.
In questi due anni non sono mancate le difficoltà: dalla crisi sociale del territorio ai problemi strutturali di alcune realtà ecclesiali. Tuttavia l’Arcivescovo ha mantenuto un approccio fermo ma mite, cercando soluzioni condivise e chiamando la comunità a sentirsi parte attiva del cambiamento.
Mentre la diocesi si prepara ai prossimi impegni pastorali, la ricorrenza della sua nomina diventa occasione per guardare al cammino fatto e, soprattutto, a quello ancora da compiere. Perché – come amava ricordare papa Francesco – “la Chiesa è un popolo in cammino”.
