Azzardo e mafie, il Paese in bilico: numeri, affari e allarmi dal nuovo dossier di Libera

Tra il 2010 e il 2024, Puglia sono 22 i clan censiti che hanno operato in attività di business sia illegali che legali, quinta regione italiana. Sono sei le sale gioco confiscate. In Puglia, dieci anni fa, la prima vittima innocente di azzardomafie

ROMA – In Italia il gioco d’azzardo continua a crescere in modo impressionante: nel 2024 sono stati spesi oltre 157 miliardi di euro, con 18 milioni di giocatori e quasi 3 milioni di persone tra giocatori patologici e soggetti a rischio. Un fenomeno che, come denuncia il nuovo dossier Azzardomafie di Libera, rappresenta un terreno fertile per la criminalità organizzata.

Secondo l’analisi delle relazioni della DNA e della DIA dal 2010 al 2024, 147 clan risultano coinvolti nel business del gioco — legale e illegale — in 16 regioni. Le mafie utilizzano l’azzardo per riciclare denaro, imporre slot agli esercenti, estorcere vincite e truffare lo Stato. In Puglia, quinta regione per presenza mafiosa nel settore, sono stati censiti 22 clan, dai gruppi baresi a quelli foggiani.

Il giro d’affari è talmente conveniente che, come ricorda il generale della Guardia di Finanza Nicola Altiero, 1 euro investito nell’azzardo rende 8-9 euro, più del narcotraffico. Il dossier ricostruisce anche episodi drammatici come la morte di Domenico Martimucci, vittima innocente dell’esplosione in una sala giochi di Altamura nel 2015, durante una guerra tra clan per il controllo del mercato delle slot.

Sul fronte dei sequestri, oltre metà delle 125 aziende confiscate nel settore “intrattenimento” riguarda sale scommesse. In Puglia se ne contano sei. Crescono inoltre le interdittive antimafia, tra cui quelle emesse dalla Prefettura di Foggia.

Il fenomeno resta allarmante anche sul piano sociale. La Puglia spende per il gioco 11,8 miliardi di euro l’anno (3.057 euro pro capite), con Bari, Taranto e Foggia tra le province più colpite.

Nonostante una legge regionale considerata tra le più avanzate — con misure come il marchio No Slot, incentivi ai locali senza apparecchi e fondi per la prevenzione — permangono criticità: servono norme più estese, maggiori tutele e l’ampliamento dei luoghi sensibili.

Don Luigi Ciotti denuncia una contraddizione profonda: lo Stato continua a incassare dalle tasse sul gioco, ma investe poco in prevenzione, cura e reinserimento. «Dietro ogni slot — ricorda — c’è una persona in difficoltà. Serve un cambio di sguardo: il giocatore non è un colpevole, ma una vittima».

Libera propone un intervento strutturale che includa: più autonomia ai Comuni, stop alla pubblicità dell’azzardo, niente compartecipazione al gettito, rilancio dell’Osservatorio nazionale, nessun aumento dell’offerta di gioco e più controlli lungo tutta la filiera.

Il quadro che emerge è quello di un Paese diviso tra speranza di riscatto e una macchina — legale e illegale — che alimenta fragilità e dipendenze, lasciando spazio alle mafie e impoverendo le comunità.

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